La Nuova Sardegna

Dalla Chiesa isolana 50 milioni per salvare i beni culturali

Mario Girau
Dalla Chiesa isolana 50 milioni per salvare i beni culturali

Risorse da distribuire nei prossimi tre anni, arrivano dall’8 x mille e dai Por. Don Tamponi: «Gli ultimi interventi hanno creato quasi 2mila posti di lavoro»

28 maggio 2018
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SASSARI. In un triennio la Chiesa sarda immetterà nell’economia regionale quasi 50 milioni di euro: metà provenienti dai fondi dell’otto per mille, il resto dai fondi Por. Risorse – destinate a edilizia di culto, manutenzione dei beni culturali delle parrocchie, impianti di sicurezza, archivi, biblioteche, restauro organi a canne, che si traducono in cantieri e posti di lavoro. Tra le opere in rampa di lancio c’è il Sistema museale ecclesiastico sardo (Smes) con la messa in rete dei 34 musei aperti nelle dieci diocesi sarde e la digitalizzazione dei beni archivistici delle parrocchie. Dei progetti di collaborazione con la Regione, però, solo “Sardegna in 100 chiese” ha mosso i primi passi, con una lentezza mal digerita dai monsignori. «Con quelle risorse dovremmo riuscire a migliorare – dice don Francesco Tamponi, 60 anni, coordinatore regionale della Consulta dei beni culturali ecclesiastici – i risultati del quinquennio 2011-2016 quando le diocesi hanno creato quasi 2mila posti di lavoro».

La gran parte del patrimonio artistico sardo è conservato in chiese, conventi e istituti religiosi: «Se ci fosse la possibilità di esplorare gli archivi di parrocchie e ordini religiosi – diceva l’ex arcivescovo di Cagliari Ottorino Alberti – si potrebbe riscrivere la storia della Sardegna». Ma adesso è importante salvare l’attuale patrimonio e valorizzarlo. La Cei da anni finanzia l’inventario dei beni storico-artistici di tutte le diocesi. In Sardegna ne sono stati catalogati 58.767, ma il lavoro continua. Sono stati anche censiti 1738 edifici di culto, di cui 1439 chiese, scrigni d’arte ma soprattutto testimonianze della cultura locale, comprese le chiesette volute dalla devozione popolare. «Molti di questi edifici – dice don Francesco Tamponi, parroco a Santa Maria Coghinas e Bortigiadas – sono stati salvati dalle confraternite e dai comitati per i festeggiamenti che, a spese proprie, ne assicurano la manutenzione». In qualche territorio, Dorgali per esempio, sono 12 i piccoli edifici religiosi tenuti in piedi da obrieri e priorisse.

Tutela e valorizzazione dei beni culturali non sono problemi esclusivamente tecnici, ma hanno valenza pastorale-religiosa. «Si tratta – dice don Tamponi – del rapporto del parroco con la sua comunità. Finché il prete ritiene di essere l’unico interprete e amministratore dei carismi comunitari e prescinde dalla cultura e dalla storia del territorio, i beni culturali sono a rischio perché affidati alla sensibilità di una sola persona. Se invece il sacerdote è il portavoce della chiesa territoriale, dei laici, e della tradizione locale, i beni culturali sono garantiti. La Facoltà Teologica della Sardegna, l’Università dei nostri preti, dovrebbe eliminare qualche esame di Dogmatica e sostituirlo con altri sui beni culturali», dice polemicamente don Tamponi. È di questo sacerdote, fondatore e amministratore del sistema Museum di Tempio Ampurias, l’idea di mettere in rete i musei diocesani che custodiscono i tesori culturali della Sardegna . È suo anche il ruolo di sentinella dei rapporti con la Regione. “Sardegna in 100 chiese” è l’unico accordo Regione-Conferenza episcopale sarda messo in campo per l’utilità reciproca: mentre la Regione mette nel suo zaino nuovi attrattori culturali – quasi 60mila di cui molti risalenti ai primi secoli del cristianesimo – la Chiesa salva dal degrado numerosi edifici sacri. Ogni diocesi sarda ha la possibilità di rimettere in salute e riqualificare con un maquillage radicale 10 chiese. «Si comincia in Gallura – accordo firmato qualche settimana fa – e si proseguirà con le altre diocesi, le prossime dovrebbero essere Sassari e Lanusei. Ma quanta fatica! Siamo nelle mani delle Unioni dei Comuni, dove si fa fatica a non disperdere il pensiero. Gli amministratori locali, la burocrazia regionale ipertrofica, unita ai chiari di luna di qualche sindaco e assessore comunale – dice don Francesco Tamponi – rallenta enormemente il recupero di chiese utili ad esaltare la valenza turistica di un territorio». Il tandem Regione – Conferenza episcopale sarda è sempre più necessario. La prima interviene con la metà delle risorse occorrenti per la valorizzazione, la seconda mette la materia prima: tra l’altro 41 istituti culturali ( 24 appartengono alle diocesi, 5 a ordini religiosi, 4 a seminari, 1 alla Facoltà teologica della Sardegna, 1 a congregazione religiosa, 1 a capitolo metropolitano) e musei turistici di diocesi e parrocchie. «Chiese, conventi e musei rappresentano – dice don Tamponi – anche una risorsa economica del territorio».

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