La Nuova Sardegna

Nessuno si fa avanti, Sarule resta senza sindaco

di Valeria Gianoglio
Nessuno si fa avanti, Sarule resta senza sindaco

Il piccolo centro del Nuorese sarà commissariato. L’uscente Barca: voglio occuparmi dei miei tre figli

31 maggio 2018
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INVIATA A SARULE. «Perché non mi sono ricandidata? È semplice: perché dopo cinque anni ho bisogno di tornare a dare più tempo alla mia famiglia e ai miei tre figli. E perché nei cinque anni da sindaco la burocrazia e i lacci del patto di stabilità mi hanno davvero sfiancato, ed è quello che sta uccidendo i piccoli comuni come il nostro, che blocca progetti, lavori, risorse. Penso che sia anche questa una delle cause per le quali, per la prima volta in assoluto nella storia del paese, nessuno si sia fatto avanti per presentare una lista alle comunali. E il 12 giugno, a Sarule, arriverà un commissario nominato dalla Regione». Insegnante di economia aziendale all’Istituto tecnico Satta di Nuoro, mamma di tre figli, primo sindaco donna nella storia di Sarule, Mariangela Barca è giunta agli sgoccioli della sua avventura amministrativa alla guida del paese dove vive.

Nessuna lista. Poco meno di millesettecento abitanti, una economia che poggia sull’agropastorale, la fuga dei giovani alla ricerca di un lavoro, e con essa uno spopolamento che di anno in anno erode, inesorabile, il numero dei residenti: Sarule si affaccia alla prossima tornata elettorale con tanto lavoro fatto soprattutto nel campo sociale e culturale, la creazione ex novo della compagnia barracellare, un mucchio di appalti ben avviati, ma diversi problemi ancora da risolvere. A cominciare da un discreto numero di opere pubbliche rimaste invischiate tra la burocrazia e i vincoli del patto di stabilità. E l’amara certezza che per la prima volta nella sua lunga storia, dal 12 giugno in poi, nel paese non ci sarà un sindaco eletto dai cittadini perché nessuno si è fatto avanti. In realtà, a detta dello stesso sindaco, del suo vice e assessore alla Cultura, Simonetta Ladu, e dell’assessore ai Servizi sociali, Giovanna Piredda, – che ha seguito in prima persona la sistemazione di tanti migranti e minori accolti in paese – qualcuno a Sarule si stava anche muovendo. Solo che le grandi manovre sono cominciate troppo tardi, e alla fine dei conti sono mancati sia il tempo sia i numeri.

Giovani in fuga. «Noi giovani del paese, più che a candidarci o alle elezioni, stiamo pensando a trovare un lavoro o a inventarcene uno. E chi non lo trova qui va fuori», dice Alessio Cheri, 24 anni, impegnato nel sociale e nel volontariato e da qualche tempo anche co-proprietario di un bar del centro del paese. «Dispiace a tutti che nessuno, a cominciare dai giovani si sia fatto avanti per le comunali – spiega anche il vicesindaco e assessore alla Cultura, Simonetta Ladu – ma penso anche che certe cose si debbano sentire. Per noi sono stati anni difficili, con lo scoglio del patto di stabilità che, soprattutto a comuni piccoli come il nostro, ha tagliatole gambe, ma nonostante tutto dico anche che quella amministrativa è stata una bellissima esperienza che vale la pena vivere, soprattutto se, come abbiamo fatto noi, si punta tanto sulla cultura e i giovani». «Eppure alcuni cittadini ci dicono che non abbiamo fatto niente – il sindaco Barca non lo nasconde – ma se c’è una cosa che ho imparato, da questa esperienza in Comune, è che non si può giudicare un’amministrazione dalle apparenze. Perché in questi cinque anni, insieme alla squadra del Comune, non abbiamo fatto altro che combattere con i vincoli e le tante normative che sottraggono troppo tempo e organico ai piccoli comuni come il nostro. Mi chiedo: ma così li vogliono davvero far morire, i nostri piccoli paesi. Non si possono applicare alle nostre realtà le stesse regole e norme che hanno i comuni più grandi, ricchi e popolosi».

Opere bloccate. Mariangela Barca fa anche qualche esempio, tra tanti casi che ha dovuto affrontare negli ultimi cinque anni: è quello dell’ecocentro. Uno degli obiettivi della sua amministrazione, dice, era quello di aprire l’opera: sembrava che fosse tutto a posto e invece si è scoperto «che i lavori del 2010 non erano rendicontati alla Regione e che le rampe non erano della pendenza giusta. Così abbiamo dovuto riavviare tutto. E oggi l’ecocentro, purtroppo, è ancora chiuso. La burocrazia, insomma, ci ha steso, e come facciamo a spiegarlo ai cittadini? Come facciamo? Il mio augurio per il paese – conclude Mariangela Barca – è che cambino le normative per i piccoli comuni, che Stato e Regione creino percorsi più snelli, e mi auguro anche che dopo la fase commissariale in paese si faccia avanti un gruppo di lavoro veramente disinteressato con un progetto per il paese. Noi lo abbiamo fatto con spirito di servizio e volontariato, e rinunciando tutti alle indennità».



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