La Nuova Sardegna

Migranti, appello a Salvini «Sì al Cpr, no ai lager»

di Silvia Sanna
Migranti, appello a Salvini «Sì al Cpr, no ai lager»

Macomer, il sindaco Succu: massimo 100 posti. Deiana, Anci: potere ai Comuni

05 giugno 2018
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SASSARI. Lo attendono alla prova dei fatti, dopo i tanti slogan urlati in campagna elettorale. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini dovrà gestire la realtà di un fenomeno radicato anche in Sardegna. Isola che negli anni si è conquistata il titolo di terra dell’accoglienza: 4166 al momento i migranti ospitati nelle strutture, la maggior parte nei Centri della prefettura e una quota minore – ma in crescita – inserita nei bandi Sprar. Isola che è pronta ad affrontare anche un secondo passaggio da tutti definito cruciale: l’apertura del Cpr – Centro permanente per i rimpatri – a Macomer, destinato a ospitare per brevi periodi i clandestini (in particolare gli algerini) da rispedire a casa. Proprio sulla necessità dei Cpr- almeno 1 in ogni regione - il leghista Salvini viaggia sulla stessa lunghezza d’onda del predecessore Minniti: li considera indispensabili per aumentare e velocizzare le espulsioni degli irregolari. Proprio per questo motivo l’incertezza principale è legata ai numeri: Salvini manterrà gli accordi sull’unica struttura o punterà al rialzo? E poi: il numero degli ospiti a Macomer resterà quello stabilito (100) o crescerà? Su questo punto il sindaco Antonio Succu fa le barricate: «Abbiamo detto 100, non uno di più. Non vogliamo che il Cpr diventi un lager». D’accordo il presidente dell’Anci Emiliano Deiana: «L’esperienza ci insegna che i grandi assembramenti generano insicurezza e paure. Evitarli è altamente consigliato».

Gli accordi sul Cpr. Il piano Minniti prevede l’apertura del Cpr regionale a Macomer nella struttura che ospitava il carcere. Nel patto Ministero-Regione-Comune ci sono diverse clausole: potenziamento delle forze dell’ordine, con presìdi fissi all’interno e intorno alla struttura, gli ospiti-clandestini arrivano scortati e vanno via solo per essere rimpatriati. Nessuna uscita, nessun contatto con la popolazione per i 100 ospiti: questo il numero massimo stabilito. Dice il sindaco di Macomer Antonio Succu: «Sono convinto che il Cpr sia indispensabile, non uno ma forse anche due. Questo tipo di strutture rappresenta l’unico deterrente per frenare gli sbarchi di clandestini che non hanno diritto allo status di rifugiato. Nel caso della Sardegna si tratta prevalentemente di algerini che sbarcano sulle coste del Sulcis. L’accordo è chiaro, noi siamo pronti e la Regione anche. C’è un patto da rispettare a prescindere dal ministro che l’ha firmato, non è possibile modificarlo. Se il ministro Salvini chiedesse di aumentare il numero di posti ci opporremo: il Cpr non può diventare un lager, il rispetto della dignità umana non può mai venire meno. Anche il precedente carcere – sottolinea il sindaco Succu – ospitava al massimo 120 detenuti perché un numero superiore avrebbe generato una situazione invivibile. E noi questo non lo vogliamo assolutamente».

Centri d’accoglienza. Da sempre contrario ai grandi centri e promotore dell’accoglienza diffusa «che allontana la paura e favorisce l’integrazione». Il presidente dell’Anci Emiliano Deiana attende le prossime mosse del ministro leghista ma nel frattempo gli suggerisce di moderare i toni: «Chi ricopre cariche istituzionali deve pesare le parole su una materia delicata come l’accoglienza, non si possono mischiare i delinquenti con chi scappa dalla guerra e dalla fame. Non ha senso e non aiuta a gestire il fenomeno». Che, aggiunge Deiana, andrà avanti: «Gli sbarchi e gli arrivi continueranno, perché l’Italia e la Sardegna non possono chiudere le porte. Il ministro Salvini dovrà decidere se continuare sulla strada dei grandi centri d’accoglienza o se accorpare la prima e la seconda accoglienza, cioè obbligando tutti i Comuni a fare la propria parte con piccoli numeri per una distribuzione più equa dell’attuale. Questo è senza dubbio quello che farei io. Perché – aggiunge Deiana – è importante capire che chi arriva non può essere espulso il giorno dopo: è necessario fare tutte le verifiche per stabilire se ha diritto di restare o se deve essere mandato via. Io penso che nella fase di transizione queste persone possano essere distribuite nel territorio: impossibile mandarli nel Cpr, significherebbe trasformare una struttura snella – caratterizzata dal ricambio continuo degli ospiti – in una galera a tutti gli effetti». Molto meglio, secondo il presidente dell’Anci rivedere il regolamento di Dublino: le operazioni di riconoscimento dello status di rifugiato non debbono accadere tutte nel paese di sbarco, cioè l’Italia, ma vanno distribuite tra i vari Paesi. Un esempio: se in Italia arrivano 1000 migranti e si sa già che ne dovranno rimanere 100, allora gli altri 900 siano accompagnati subito nelle rispettive destinazioni.

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