La Nuova Sardegna

Austis, per la quarta volta il paese del non voto

di Giusy Ferreli
Austis, per la quarta volta il paese del non voto

L’ultimo sindaco nel 2015: i dissidi di allora pesano ancora e scoraggiano la voglia di fare politica

06 giugno 2018
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INVIATA AD AUSTIS. Austis, il paese del non voto, accoglie sonnacchioso i visitatori circondato da alberi secolari e panorami mozzafiato. Qui per la quarta volta consecutiva il diritto dovere sancito dalla Costituzione è andato a farsi benedire: nessuna lista è stata presentata. Analisi sociologiche a parte, tutti (chi in maniera più velata e chi più apertamente), attribuiscono la mancata presentazione delle liste elettorali alla lacerante divisione, condita da un certo numero di querele e denunce, consumata nei ranghi dell’amministrazione comunale ai tempi dell’ultimo sindaco, l’insegnante Lucia Chessa che ha governato Austis dal 2010 al 2015.

Non tutti vogliono parlare, segno evidente che la frattura non si è ancora ricomposta, ma chi lo fa ha le idee ben chiare. Mario Dessì, infermiere in pensione, lo fa a ruota libera mentre nella saletta del palazzo comunale attende il suo turno per essere ricevuto dagli impiegati. «Qui stiamo pagando ancora gli strascichi della guerra tra sindaco e segretario comunale. E poi un aspetto che non bisogna sottovalutare: i giovani vanno via, chi rimane non ha voglia di combattere» dice.

Il commissario, Maria Domenica Porcu è una cortese signora dai capelli bianchi arrivata in paese per sbrigare l’ordinaria amministrazione. E riportare la pace, anche se questo non rientra nel suo mandato istituzionale. Siede dietro la scrivania in un ufficio luminoso ristrutturato di recente che avrebbe dovuto ospitare il nuovo primo cittadino. Sembra sinceramente dispiaciuta quando parla della mancata presentazione delle liste. «Gli abitanti di Austis – sottolinea – hanno sempre partecipato quando c’è stato da organizzare le iniziative di promozione del territorio ma sul fonte dell’impegno politico non c’è stato verso».

E sì che in questo angolo di Barbagia (appena 807 abitanti per lo più non giovanissimi che vivono di forestazione, cantieri del Rei e pensioni) l’associazionismo ha una tradizione consolidata. C’è la Croce verde e ci sono due confraternite religiose. C’è anche l’associazione che si occupa di promuovere le maschere del Carnevale tradizionale sos colonganos e s’urtzu, un’energia che si dispiega con forza ma non riesce a concretizzarsi in un impegno politico. Benedetto Pizzeri è un impiegato comunale responsabile dell’area amministrativa. Nel suo blog raccoglie riflessioni e analisi. È lui a confermare quanto si sente sussurrare in strada e nei bar. «Sì è vero – dice – lo scorso anno si era quasi riusciti a chiudere una lista che affrontasse i giudizio degli elettori nel segreto dell’urna ma alla fine non si è riusciti. Mancavano due nomi. Questa volta, invece il tentativo non è neanche stato fatto». Pizzeri ha persino accarezzato l’idea di candidarsi per ma poi questioni pratiche lo hanno fatto desistere. «Dovrei mettermi in aspettativa e non posso».

A poche decine di metri dal palazzo comunale c’è la chiesa parrocchiale di Maria Vergine Assunta. Alla porta della canonica apre un sacerdote tonarese, don Marco Floris. Arrivato a guidare le comunità di Austis e Teti ad appena 27 anni, si è trovato quasi subito a dover far da paciere nella comunità lacerata da una guerra intestina. Dal suo osservatorio privilegiato di frequentazioni quotidiane con giovani e anziani si è fatto un’idea. «L’arrivo del commissario è servito a tranquillizzare gli animi. Spero solo – è la sua lapidaria considerazione – che gli animi non si addormentino del tutto».

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