La Nuova Sardegna

Consumiamo le risorse di due pianeti

Antonio Canu
Consumiamo le risorse di due pianeti

Le stime del Global Footprime Network: il nostro stile di vita non è compatibile con la rigenerazione degli ecosistemi. E altri paesi fanno anche peggio

13 giugno 2018
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Se l'intera popolazione umana conducesse lo stile di vita degli italiani, non basterebbe un unico Pianeta, ma avremmo bisogno di 2,6 di pianeti. In poche parole consumiamo troppo, oltre i limiti delle risorse rigenerabili. Le quali, secondo i calcoli del Global Footprint Network - la rete globale dell'impronte ecologica -, per noi italiani si sono già esaurite il 24 maggio. Data che rappresenta l'Earth Overshoot Day, casalingo. Il Giorno dell'andare oltre - o meglio del Sovrasfruttamento - della Terra. È il fatidico giorno in cui l'umanità ha utilizzato tutte le risorse che il pianeta può rinnovare durante l'anno. Nel 2017, a livello globale fu il 2 agosto. Mai così prima da quando si misura l'impronta ecologica, ovvero il calcolo del consumo di risorse del Pianeta. In realtà da quando c'è questo conteggio, la data cade sempre prima. Cioè dai primi anni '70, quando per la prima volta il mondo è andato in sovrasfruttamento.

Con la data del 2 agosto dello scorso anno si è stabilito che l'umanità sta usando la risorse naturali a un ritmo di 1,7 volte superiore rispetto alla capacità di rigenerazione degli ecosistemi. È come, insomma, utilizzassimo - e quindi è come avessimo esigenza - di 1,7 pianeti per soddisfare i fabbisogni dell'intera popolazione. Ovviamente è una media, perché ci sono differenze abissali tra chi consuma tanto e chi molto meno. Tra i primi, abbiamo l'Australia - servirebbero 5,2 pianeti, gli Stati Uniti 5, la Corea del Sud e la Russia 3,4, la Germania 3,2, la Svizzera 3,1, la Francia e il Regno Unito 3, il Giappone 2,9 e quindi l'Italia, con il 2,6 appunto. Questo significa che chi precede il nostro Paese ha già bruciato le risorse rigenerabili prima del 24 maggio.

I maggiori impatti di tale processo si hanno nella deforestazione, nell'erosione del suolo, nella perdita degli habitat e della biodiversità, nell'accumulo di carbonio nell'atmosfera e nei cambiamenti climatici. A livello individuale, l'impronta ecologica rappresenta la quantità di area produttiva necessaria a fornire tutto ciò che viene consumato, dal cibo alle fibre, dalle fonti energetiche all'acqua, e via dicendo. L'Italia è quindi al di sopra - di quasi un pianeta - della media mondiale. Lo è anche a livello mediterraneo, con i 4,3 ettari a persona, mentre la media è 3,2. Al di sopra della Spagna, 3,8, e poco inferiore alla Francia, 4,7 ettari a persona.

L'impronta del nostro Paese è principalmente dovuta ai trasporti e al consumo alimentare. Ora al di là delle statistiche e delle misurazioni, sempre più di dettaglio e quindi utili a studiare le soluzioni possibili e necessarie, è del tutto evidente che c'è uno squilibrio tra richiesta e disponibilità e che all'interno dello stesso squilibrio c'è chi ha moltissimo e chi nulla. Secondo il rapporto di Oxfam - la confederazione internazionale specializzata in aiuto umanitario e progetti di sviluppo - l'1% più ricco della popolazione mondiale detiene più ricchezza del restante 99%. Ci sono 815 milioni di persone nel mondo che soffrono la fame e una persona su tre è malnutrita. A partire dal 2010, circa 1,9 miliardi di persone (il 27% della popolazione mondiale) vivono in aree con potenziale scarsità idrica grave. I 2/3 della ricchezza dei miliardari attuali non sono frutto del lavoro ma provengono da eredità e da rendite spesso speculative.Un dato ancora più significativo se si considera che nel 2016 erano quaranta milioni le persone schiavizzate nel mercato del lavoro, tra cui quattro milioni di bambini.

Fanno quindi pensare le politiche sempre più casalinghe, a tutela dei confini e di chi all'interno ha più diritti di altri, chiudendo gli occhi - e tappandosi le orecchie - a quello che accade fuori. Il futuro del Pianeta dipende infatti dalle alleanze globali, dall'affrontare i problemi insieme, a dare esempi di buone pratiche, a gestire le risorse con sostenibilità ed equità, a considerare la Terra la casa di tutti. Anche perché è l'unica che abbiamo.

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