La Nuova Sardegna

L’esperto: la carne rossa non provoca i tumori

Vincenzo Garofalo
Giorgio Poli
Giorgio Poli

Poli, immunologo e microbiologo, contesta gli studi dell’Oms: «Inattendibili». Allarme ingiustificato anche sugli Ogm: «Super controllati, non sono rischiosi»

14 giugno 2018
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SASSARI. Accendete tranquillamente il barbecue, cucinate la vostra bella bistecca e gustatevela senza alcuna preoccupazione: «Mangiare carne rossa, di per sé, non aumenta il rischio di insorgenza dei tumori». Parola di Giorgio Poli, microbiologo e immunologo di fama internazionale dell’Università di Milano, in passato preside della facoltà di Medicina veterinaria dello stesso ateneo, membro dell’European Food Information Council (Eufic) organizzazione senza fini di lucro cofinanziata dalla Commissione europea, che, su basi strettamente scientifiche, offre informazioni chiare e pratiche su temi legati agli alimenti e alla salute.

Il professore, a Sassari per tenere una conferenza nell'aula magna della facoltà di Medicina, non si ferma a contestare le conclusioni dell’Oms sulla presunta pericolosità della carne rossa e di quella lavorata. Come un moderno anticristo delle imperanti teorie pseudoscientifiche, Poli, demolisce in una battuta anche lo spauracchio creato attorno ai prodotti geneticamente modificati, i fantomatici Ogm: «Non sono rischiosi», assicura. «Esiste uno studio di un biologo francese durato 15 anni, costato 70 milioni di euro con il coinvolgimento di 400 centri pubblici che arriva alla conclusione che i cibi ogm sono più sicuri degli altri, e la ragione è semplicissima: sono più controllati».

Ma più che con gli ogm, il cuore e l’animo di Giorgio Poli si scaldano contestando il documento ufficiale con cui, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, costola dell'Oms, l'Organizzazione mondiale della Sanità, ha lanciato il suo anatema contro le carni rosse e lavorate, inserendo il consumo di questi cibi fra le cause di insorgenza di diverse forme di tumore, primo fra tutte il cancro al colon retto. Una classificazione che mette la carne lavorata (salumi, insaccati, wurstel e prodotti simili) al pari del fumo da sigaretta e di altri agenti cancerogeni conclamati. Una teoria che Poli respinge totalmente.

Seduto su una poltroncina di vimini nel giardino dell’hotel in cui alloggia, l’immunologo che anni fa spiegò dai canali televisivi a tutta l’Italia cosa fosse realmente “mucca pazza”, parla con decisione spezzando il suo discorso solo con i tiri delle sigarette che fuma una dopo l’altra. «Il documento dell’Oms non è credibile. Per il loro studio, da loro stessa ammissione, si sono basati su 800 pubblicazioni a tema, vecchie, scientificamente superate», spiega. «Inoltre, uno studio scientifico degno di tale nome deve esaminare almeno diecimila pubblicazioni per essere giudicato attendibile». Secondo le indicazioni dell’Oms per ogni porzione di 50 grammi di carne lavorata consumati al giorno il rischio di cancro del colon-retto aumenta del 18 per cento. «Sono conclusioni sbagliate perché tratte da un metodo di analisi sbagliato. Non hanno considerato le differenze genetiche, ambientali e comportamentali dei soggetti monitorati, quindi il loro studio non può essere considerato attendibile». Metodo di analisi inaffidabile anche perché non tiene conto dei progressi, in positivo, dell’industria alimentare: «Proprio perché le loro analisi sono basate su pubblicazioni piuttosto vecchie, non tiene conto del fatto che in questi anni molti degli elementi che rendevano le carni lavorate potenzialmente pericolose, sono scomparsi dai procedimenti di produzione di quegli alimenti», continua Poli.

«Per quanto riguarda le carni rosse non lavorate, non è mai stata dimostrata una correlazione diretta fra insorgenza del tumore e il loro consumo. Quello fa aumentare il rischio è la presenza di idrocarburi e altre sostanze tossiche che troviamo nel cibo bruciacchiato, troppo cotto. Ma questo vale per la carne come per le verdure, il pane, la pizza. Perché quindi accanirsi contro le carni rosse?».
 

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