La Nuova Sardegna

È il momento della quinoa il superfood tenta l’isola

di Antonello Palmas

A Sassari il progetto promosso da Sardegna ricerche nel campo sperimentale  Dodici aziende già coinvolte dalla facoltà di Agraria nella futura filiera

17 giugno 2018
4 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Una potenziale filiera c’è già: futuri coltivatori, trasformatori e venditori di quinoa si sono riuniti nella borgata di Ottava nell’azienda didattico-sperimentale “Mauro Deidda” del dipartimento di agraria dell’università di Sassari per capire se questo prodotto di origine sudamericana può avere un futuro nell’isola. E la risposta è stata che sì, si può provare e con buone probabilità di successo. Anche perché quello che viene definito pseudo-cereale ha tante frecce al suo arco: ad esempio i suoi semi hanno una resa economica molto più alta rispetto alle colture cerealicole classiche, in anni in cui le quotazioni sono scese pericolosamente; ma anche l’assenza di glutine unita a un alto contenuto proteico, caratteristica che lo rende quindi particolarmente trendy per le attuali esigenze del mercato. Il progetto si chiama “Innoquinoa”, è promosso e finanziato da Sardegna Ricerche grazie al Por Fesr Sardegna 2014-2020 e vede coinvolte al momento 12 imprese. «Il periodo di avvio è importante – spiega Graziana Frogheri, di Sardegna ricerche – e le imprese hanno il potere di condizionare l’andamento del progetto, trattandosi di un’attività sperimentale tutta da scoprire. Il progetto dura 30 mesi». È il primo nell’isola e ha come responsabile l’agronomo Costantino Fadda: «Ci sono pochissime sperimentazioni in Italia, tra le prime quella dell’azienda Quinoa Marche con cui siamo in contatto – spiega – . Abbiamo obiettivi ambiziosi: vogliamo valutare l’adattabilità agronomica e la resistenza alle fito-patologie (che possono essere diverse da quelle delle Ande, ndc); e sondare quali prodotti da forno con aggiunta di farina di quinoa potrebbero avere successo nell’isola». I mercati che più spingono verso la produzione sono il nordamericano, il nordeuropeo e ora anche l’ asiatico. In Italiua c’è grande richiesta e l’isola vuole inserirsi nel business.

La borsista, Francesca Mureddu, ha ricordato che la quinoa, pianta erbacea annuale, che per l’utilizzo è assimilata ai cereali, ha origine in Sudamerica: le presenze più antiche sono state segnalate in Cile dal 3000 aC, quindi in Perù e Bolivia. I conquistadores imposero altre colture e cadde in disuso, poi la riscoperta. Ne esistono circa 6000 varietà che si adattano alle condizioni più disparate. «Può avere radici anche molto profonde, sino a 180 cm. L’altezza varia da 30 cm a 2,5 metri. L’infiorescenza è una pannocchia che sviluppa da 100 a 3000 semi. La pianta è resistente, non ha grosse esigenze. E con i migliori mezzi a disposizione rispetto al Sudamerica, si potrebbero raccogliere 18 quintali per ettaro». A Ottava c’erano anche il coltivatore di Sorgono Mauro Mereu, che per primo ha già piantato i semi e spiega: «Stiamo cercando alternative alle solite colture e il cambiamento di condizioni climatiche – dice – ci consente di provare novità anche in altura. Ma occorrerebbe anche qualche certezza sul rientro economico».

Oltre agli agricoltori, che avranno il vantaggio di poter utilizzare i macchinari classici già in uso (oltre a una macina in pietra e una mini-trebbiatrice in arrivo in azienda), tra le aziende aderenti provenienti da tutta l’isola e le altre intervenute per gettare un’occhiata sulla novità in arrivo c’erano trasformatori (pastifici, panifici) e venditori (ristoratori, anche una farmacia e un negozio gluten-free). Francesco Giunta, agronomo dell’azienda sperimentale Madau: «La disponibilità di seme non è alta, anche per il costo: per 35 chili si spendono anche 1500 euro – dice – , le varietà sono tante e occorre capire quale sia la migliore. Così abbiamo piantato alcune di quelle che, stando alle sperimentazioni precedenti, potrebbero avere maggiore probabilità di adattarsi alle caratteristiche dell’isola. Ad esempio, una che ha avuto una gran facilità di sviluppo nelle Marche, qui non è cresciuta; e viceversa. In base anche alle esigenze del mercato, occorrerà scegliere le qualità, ma anche dimensionare qualità e quantità della produzione. Nelle Marche si parla di coltivazioni da mezzo ettaro per azienda, per dare un’idea». Ma attenzione: il ricavo possibile si preannuncia molto interessante, negli ultimi 10 anni la remunerazione al produttore in Perù è cresciuta esponenzialmente passando da 300 dollari a tonnellata nel 2004 a 2774 dollari nel 2014 (fonte Faostat). E anche in Italia la richiesta ha fatto registrare, come affermato da Coldiretti, un vero e proprio boom che nel solo 2015 ha visto triplicare i quintali importati dall’estero. Prima di assistere ad un raccolto sardo passerà del tempo, così si farà in modo che il resto della filiera sia già pronta a riceverli utilizzando nel frattempo quelli marchigiani o peruviani. La filiera virtuale ha fretta di diventare reale.

In Primo Piano

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative