La Nuova Sardegna

tribunale/multa di 800 euro 

Diffamazione su Facebook condannato insegnante algherese

di Nadia Cossu
Diffamazione su Facebook condannato insegnante algherese

SASSARI. Un commento su una bacheca Facebook, sotto mentite spoglie. Parole che denigravano l’azienda che produce l’olio San Giuliano ad Alghero, riferimenti offensivi espliciti sulla qualità del...

21 giugno 2018
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SASSARI. Un commento su una bacheca Facebook, sotto mentite spoglie. Parole che denigravano l’azienda che produce l’olio San Giuliano ad Alghero, riferimenti offensivi espliciti sulla qualità del prodotto e sul suo luogo di provenienza. Frasi che il giudice di Sassari Valentina Nuvoli ha ritenuto diffamatorie tanto che, a conclusione del processo, ha condannato l’autore del commento (durante le indagini si era risaliti a nome e cognome reali) a 800 euro di multa, al risarcimento da stabilirsi davanti al giudice civile e al pagamento delle spese della parte civile. Il giudice ha anche riconosciuto una provvisionale di 3mila euro.

La storia. In un articolo pubblicato su Il Sole 24 ore del primo settembre 2013, l’editorialista Aldo Bonomi, parlando di green economy e microcosmi, cita due città modello, entrambe in Sardegna: Porto Torres per il primo caso e Alghero per il secondo. Di quest’ultima, in particolare, elogia «turismo di qualità e agricoltura di eccellenza» con un riferimento specifico alla Sella&Mosca e all’azienda di Domenico Manca «che si è affermata con l’olio San Giuliano, leader nell’isola, e con fette rilevanti nel mercato continentale...». Comprensibile l’orgoglio dell’allora sindaco Stefano Lubrano che immediatamente condivide l’articolo del Sole 24 ore sulla sua bacheca Facebook.

Piovono commenti. A quel punto parte la consueta sequela di commenti. Tutti a complimentarsi con il primo cittadino e soprattutto con Domenico Manca e la sua omonima “Domenico Manca s.p.a” che produce e commercializza (per la grande distribuzione e per mercati quali Giappone e Stati Uniti) l’olio a marchio “San Giuliano”.

La voce fuori dal coro. Ma c’è qualcuno che la pensa diversamente. Le sue parole “steccano” l’armonia di quel coro di applausi virtuali. Tale “Sergio Volpe” scrive parole pesanti, non si limita a esprimere una critica con toni pacati ma offende nel vero senso della parola il prodotto e, di conseguenza, la società che lo commercializza. Per un’azienda che viaggia ad alti livelli il danno di immagine è dietro l’angolo. Anche perché – come è emerso nel processo – si trattava di accuse false e, quindi, diffamatorie.

La denuncia. Manca si rivolge subito all’avvocato Sebastiano Chironi e presenta una denuncia in Procura. La polizia postale indaga e riesce a risalire alla vera identità di “Volpe”: l’autore del commento è in realtà Salvatore Unzamu, un insegnante algherese che oggi ha 69 anni. L’uomo, assistito dall’avvocato Bachisio Basoli, va a processo e viene condannato per la diffamazione a Domenico Manca come persona fisica e per quella alla società di cui è titolare.

La Cassazione. L’avvocato Chironi in sede di discussione ha fatto notare come la Cassazione già da qualche anno – ma anche di recente – continua a ribadire il concetto che «la diffusione di messaggi o conversazioni con le modalità consentite dall’utilizzo di una bacheca Facebook ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone...». E quindi, se il commento risulta offensivo, lesivo e denigratorio, si cade inevitabilmente nella diffamazione. «Oggi, soprattutto tra i giovani – spiega Chironi – assistiamo a un uso disinvolto e non ponderato di Facebook, dato che scambi di conversazioni e commenti avvengono come se ci si trovasse di fronte al compagno di banco o al vicino di casa. Di fatto, invece, quello scambio di opinioni è leggibile da una smisurata platea, una piattaforma pubblica, con la conseguenza di una amplificazione automatica di ciò che si è scritto».

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