La Nuova Sardegna

Caro Manlio, intellettuale a tutto campo

Stefano Del Re
Manlio Brigaglia
Manlio Brigaglia

Brigaglia mescolava con sapienza fatti, storie, suggestioni, aneddoti e opinioni. Era un vulcano di invenzioni e un collaboratore perfetto per tutti al giornale

24 giugno 2018
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Mi è capitato di invidiare quei miei amici e colleghi - e sono tanti - che hanno avuto Brigaglia come insegnante. Chi lo avvicinava, infatti, percepiva subito in lui la presenza di un dáimon sorridente, era evidente un "metodo", una misura, l'uso critico della ragione, la prevalenza della parola, il rifiuto di ciò che viene imposto a forza. Si vedeva all'opera, per dirla con una parola antica: la "paidéia", l'educazione. È questo che da Atene in poi fa un buon maestro. E Brigaglia lo era sempre anche quando non più in cattedra, a scuola o all'Università. Già solo per questo merita davvero di essere ricordato.

Poi c'è il Brigaglia giornalista. E certo i giornali hanno avuto un grande ruolo nella sua vita. Intendiamoci, Brigaglia, giornalista, in senso stretto non era, nonostante le vantate cronache sportive di gioventù. I giornalisti sono artigiani e tali è bene che restino. Giornalisti che si prendono per romanzieri o peggio ancora per maestri del pensiero non fanno bene né ai lettori né a loro stessi. Come diceva un mio direttore: è bene che «i fatti restino separati dalle opinioni». Brigaglia invece mescolava con sapienza fatti, storie, suggestioni, aneddoti e naturalmente opinioni. Non giornalista in senso stretto, dunque, ma uomo di giornali, certo, sì. Era un vulcano di invenzioni e un collaboratore perfetto per tutti, dal direttore al capo cronista. Pronto a sopperire con la sua sterminata conoscenza e una memoria prodigiosa in caso di bisogno. Era preciso, puntuale, veloce. Non rifiutava mai una proposta. E non chiedeva mai di occuparsi di amici e conoscenti. Scriveva pezzi sempre in tema, partendo da un'idea forte, divertenti o serissimi, ma sempre pezzi puliti dove non capitava mai di dover rivedere un fatto o correggere un refuso. O un errore di merito. Da un commento di prima pagina alla rubrica delle lettere agli aneddoti che distillava nelle cronache - talora con tenerezza, talora con un tocco di perfidia - navigava da par suo tutte le pagine della Nuova di cui per moltissimi anni è stato il principale collaboratore.

Sul giornale ha lanciato i migliori scrittori sardi per la prima volta su un mercato di massa, contribuendo al loro successo in tutta Italia. E ha realizzato con l'Enciclopedia della Sardegna - avventura mai tentata prima - l'opera a cui forse teneva di più. Storico di formazione e di professione, coautore di una eccellente Storia della Sardegna, era un intellettuale a tutto campo, un poligrafo come quelli del Rinascimento. Un Umberto Eco sardo. Avrebbe potuto primeggiare in campo nazionale, aveva scelto la Sardegna come campo di studi e di interessi. Una Sardegna, però, mai piccola patria ma ben piantata in mezzo al Mediterraneo braudeliano, nel crogiuolo italiano ed europeo. Brigaglia non si riconosceva in derive identitarie. Orgoglioso del suo essere sardo, e di scompaginare luoghi comuni in quanto gallurese e sassarese al tempo stesso, si sentiva pienamente italiano nella tradizione dei Gramsci, Sturzo, Salvemini, Fortunato. Cattolico praticante, aveva ben chiaro e saldo il principio della separazione tra Stato e Chiesa. Per questo, insieme a Toti Mannuzzu levò la sua voce contro l'accondiscendenza della gerarchia alla strumentalizzazione di chiese e prelati da parte di Berlusconi in campagna elettorale in Sardegna.

Coraggioso, Manlio è stato anche uomo generoso. E ospitale. Fin dalla mia prima stagione in Sardegna, all'inizio degli anni Ottanta, la casa sua e di Marisa era un porto sicuro per tutti quelli che bussavano. A casa loro si veniva gratificati di cibo meraviglioso per il corpo e per l'anima. A casa sua conobbi Maurice Le Lannou riuscendo a farlo scrivere per la Nuova. Brigaglia era un uomo irripetibile. Una volta a tavola con Hernan Loyola questi mi chiese che cosa avrei ricordato di più di Sassari. Senza pensare risposi: la luce. La luce del tardo pomeriggio quando il cielo passa dall'azzurro al giallo all'ocra. Una luce andalusa. Brigaglia non si intromise, ma evidentemente ascoltava perché tanti anni dopo citò quella conversazione in un suo piccolo libro. Che mi fece avere. Caro Manlio, spero che quella luce ora ti rischiari il cammino, ovunque tu sia.

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