La Nuova Sardegna

Il processo per riciclaggio 

Gianfranco Fini mise in contatto Piccolo con Cicu e i suoi due soci

Gianfranco Fini mise in contatto Piccolo con Cicu e i suoi due soci

CAGLIARI. Ora si scopre che a mettere in contatto i soci di Salvatore Cicu con il chiacchieratissimo Bartolomeo Piccolo, coinvolto in numerose inchieste giudiziarie in Campania, è stato l’ex capo...

30 giugno 2018
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CAGLIARI. Ora si scopre che a mettere in contatto i soci di Salvatore Cicu con il chiacchieratissimo Bartolomeo Piccolo, coinvolto in numerose inchieste giudiziarie in Campania, è stato l’ex capo dell’Anas ed ex manager dell’azienda ospedaliera Brotzu Alfredo De Lorenzo. L’ha confermato lui stesso in tribunale, chiamato come testimone al processo che vede sul banco degli imputati l’europarlamentare forzista Cicu con l'ex capogruppo a Sestu Paolo Cau e l'ex sindaco Luciano Taccori, accusati con altre quattordici persone della penisola di concorso in ricettazione e riciclaggio di denaro proveniente da traffici di droga gestiti dai clan camorristici dei Casalesi e dei D'Alessandro. Per la difesa di Cicu - l’avvocata Valeria Aresti - l’esame di De Lorenzo è un punto a favore, perché dimostrerebbe quanto Cicu e gli altri due imputati sardi hanno sempre sostenuto: l’operazione di compravendita della Tu.ri.cost, proprietaria di un’area di pregio a Villasimius dove si doveva costruire un resort, c’è stata ma non esisteva alcuna consapevolezza di chi fossero gli acquirenti e della loro statura criminale. De Lorenzo ha riferito ai giudici che fu una sua collaboratrice a fare da tramite fra la segretaria dell’allora leader della destra Gianfranco Fini e la sua segretaria, quando lavorava all’Anas della Campania, in modo che Piccolo venisse ricevuto e potesse avere informazioni su possibili operazioni immobiliari da realizzarsi nel sud dell’isola. De Lorenzo segnalò quella legata alla Tu.ri.cost - i soci erano Cicu, Taccori e Cau - e da quella segnalazione nacque la trattativa, poi conclusa sulla base di un milione e 30 mila euro. E proprio la cifra pattuita e pagata dagli esponenti della Camorra ai tre proprietari dell’area è stata al centro dell’esame come teste di Ugo Cappellacci, a suo tempo indagato nello stesso procedimento e poi prosciolto. L’ex governatore ha detto ai giudici che una parte della somma, 200 o 300 mila euro, sono stati pagati in nero: «Non so chi mise in contatto gli acquirenti coi venditori sardi - ha detto Cappellacci - Ciocu mi disse di aver investito delle somme con Cau e Taccori, persone che già conoscevo. La parte in nero sarebbe dovuta andare ai tre comproprietari». Una dichiarazione irrilevante nel giudizio - un’eventuale evasione fiscale non è contestata e sarebbe comunque prescritta - ma pesante per l’immagine di un politico affermato come Cicu. Interrogato come indagato, Cappellacci disse al pm Emanuele Secci di non aver partecipato all’operazione se non in una posizione molto marginale e di non aver mai sentito di somme pagate in nero. A distanza di circa quattro anni l’esponente di Forza Italia ha ricordato questo dettaglio, specificando anche la cifra. Ma secondo la difesa - che l’ha incalzato con numerose domande - a gestire l’affare per conto di Cicu, che al tempo era sottosegretario alla Difesa, era stato proprio lui, che però al momento di firmare il compromesso di vendita era uscito di scena.

Il dibattimento andrà avanti il 4 luglio, quando il tribunale presieduto da Tiziana Marogna sentirà insieme ad altri testi il notissimo avvocato d’affari Peppetto Del Rio, che fu tra i primi a interessarsi all’acquisto della Tu.ri. cost per poi rinunciare all’affare. (m.l)



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