La Nuova Sardegna

Missione in Romania per la task force sarda

di Claudio Zoccheddu
Missione in Romania per la task force sarda

L’Ue convoca gli esperti della Regione per limitare la diffusione del virus

01 luglio 2018
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SASSARI. La Sardegna ce l’ha quasi fatta e i protagonisti della lotta alla peste suina africana (Psa)possono esportare la loro esperienza al di fuori dei confini dell’isola su richiesta dell’Unione europea. L’Unità di progetto che è stata formata per combattere la Psa ha una nuova missione: sradicare la malattia dalla regione romena della Dobrugia, negli allevamenti del distretto del capoluogo Tulcea, situato sulla foce del Danubio.

La convocazione. La richiesta di aiuto è arrivata direttamente dalla Commissione europea e per il momento riguarda Alberto Laddomada, direttore generale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale (Izs) della Sardegna, che è stato contatto dai vertici della sanità animale di Bruxelles con la richiesta di raggiungere subito la Romania, dove la diffusione della Psa è diventata un’emergenza con oltre 100 focolai segnalati negli ultimi 15 giorni e localizzati soprattutto in allevamenti di piccole dimensioni. Già da domani Laddomada, insieme a un collega lituano, sarà nella provincia di Tulcea, dove sono state registrate le situazioni più critiche. L’obiettivo della missione sanitaria è supportare i servizi veterinari romeni portando in dote l’esperienza maturata nella lotta alla Psa prima come responsabile della sanità animale dell’Ue e poi in Sardegna, dove è stato chiamato dalla Giunta Pigliaru per guidare l’Izs e lavorare quindi all’interno dell’Unità di Progetto per l’eradicazione della malattia.

L’asse con l’Europa. La carni suine sarde sono ancora vittime dell’embargo e non possono varcare i confini dell’isola per colpa della convivenza quarantennale con la Psa. Il lavoro dell’Unità di progetto ha praticamente risolto il problema e i protagonisti sono considerati tra i massimi esperti in materia. Un riconoscimento che arriva poco dopo la lettera inviata dal neoministro della Salute, Giulia Grillo, al Commissario europeo alla Salute e alla sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis in cui si riconoscono alla Sardegna gli enormi passi avanti e la forte determinazione politica messa in campo nel contrasto alla peste suina. Ma non è il primo contatto con l’Europa: il 15 maggio il presidente Francesco Pigliaru era a Bruxelles per illustrare, sempre ad Andriukaitis, i risultati delle attività di eradicazione e per difendere la causa dello sblocco alle esportazioni delle carni suine sarde con un superamento parziale dell’embargo che riguarderebbe quei territori regionali dove il virus non si è mai manifestato o dove è stato azzerato.

L’esperto. «Negli ultimi mesi, in diversi paesi dell’Europa orientale e nella Federazione russa, la PSA si sta diffondendo pericolosamente senza che si riesca a porre degli argini, soprattutto fra le popolazioni dei cinghiali – spiega Alberto Laddomada, direttore generale dell’Izs –. La recente incursione della malattia dall’Ucraina verso i territori del delta del Danubio, in un contesto sociale e geografico molto particolare, preoccupa le autorità di Bucarest e Bruxelles». Laddomada sarà in Romania per aggiungere la sue esperienza alle professionalità romane: «Mi auguro che l’esperienza maturata negli ultimi anni in Sardegna posa essere utile ai colleghi romeni che, per la prima volta insieme a migliaia di veterinari di tutto l’est europeo, si confronteranno con una malattia letale per i suini». Non solo, la diffusione della Psa rischia di diventare un problema globale: «Quando il problema era confinato alla Sardegna e all’Africa sub-sahariana – osserva Laddomada – non c’era un particolare interesse internazionale a investire risorse per la ricerca di una cura. Oggi che la malattia sta coinvolgendo numerosi stati, direttamente o indirettamente, i fondi disponibili e la sensibilità generale sono in aumento. Se tutto dovesse andare per il meglio sarebbero necessari almeno 7 o 8 anni di studi e sperimentazioni per poter arrivare a un vaccino, anche se non è assolutamente scontato che si riesca a raggiungere l’obiettivo».

La diffusione. Fino al 2007 La Psa era un problema sardo e del Nord Africa. Ma il mercato globale ha esteso l’epidemia fino ai confini europei, nel Caucaso. La peste suina è arrivata in Georgia attraverso rifiuti alimentari che contenevano carni infette provenienti dall’Africa. Negli ultimi 11 anni la Psa è arrivata praticamente in tutti i Paesi dell’est europeo, percorrendo centinaia di chilometri ogni mese. Sono stati segnalati focolai in Armenia, Russia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Lituania, Polonia, Estonia, Lettonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Romania. La minaccia è pronta ad estendersi in Europa centrale e si è già affacciata pericolosamente alle frontiere tedesche, spaventando il quarto produttore al mondo oltre che uno dei più grandi esportatori di carne di maiale. Verso est, invece, la Federazione russa è stata attraversata dal virus che ha raggiunto le regioni più remote della Siberia fino al confine con la Mongolia e, quindi, non troppo lontano dalla Cina, primo produttore del pianeta e leader nei consumi. Gli scambi commerciali e il movimento di persone e merci fra la Germania e la Polonia, oltre all’Ucraina, sono fittissimi, così come fra la Siberia e la Cina. Il rischio quindi che la malattia possa diffondersi ulteriormente è concreto. Tra le soluzioni adottate per limitare il contagio la più estrema è quella danese: una recinzione metallica lungo i 70 chilometri che la dividono dalla Germania per impedire l’ingresso di possibili cinghiali infetti provenienti dal resto del Continente.

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