La Nuova Sardegna

Il “cavatore” che allena il fiuto dei cani

Il “cavatore” che allena il fiuto dei cani

Un 45enne di Nurallao è il mago della caccia e dell’allevamento dei cuccioli

02 luglio 2018
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LACONI. Per scovare un tesoro, in casi come questo, non c’è bisogno di avere una mappa. Chi ha esperienza e fiuto sa dove andare a scovare i tartufi più pregiati. Sarà anche vero che la fortuna aiuta gli audaci, ma è sicuramente più proficuo scommettere sulla preparazione di chi va in cerca del pregiato bottino. Silvio Onnis, 45 anni di Nurallao, sul suo curriculum alla voce “professione” si fregia di indicare “cavatore di tartufi”. Si chiamano così i cercatori che percorrono le campagne sarde mai da soli. Viaggiano sempre in compagnia di qualcuno indispensabile per il risultato: i loro amati cani.

«È con l’addestramento che inizia il mio lavoro per l’azienda L’isola dei sapori con cui collaboro da quindici anni – dice dagli stand della Sagra di Laconi –. Bisogna insegnare ai cani che devono solo segnalare la presenza del tartufo perché il riporto è proibito. Generalmente scegliamo la razza lagotto romagnolo, ma anche i meticci possono essere perfetti. Il segreto è insegnare al cane che, quando troverà un tartufo, avrà un premio. La ricerca è quasi un gioco, una sorta di caccia al tesoro che, se termina positivamente, farà meritare al cane una ricompensa».

Il lavoro è lungo e inizia coi cuccioli di appena due mesi che hanno straordinarie capacità di apprendimento e sviluppano notevole affiatamento con il loro conduttore. Ma devo dire che questo è un lavoro che, per via delle varie attività che ci sono da svolgere, coinvolge l’intera famiglia e non si limita al rapporto tra me e i cani».

Purtroppo il clima, come spesso accade per tutte le attività umane che si legano alla terra, ha avuto un peso negativo. La terribile siccità del 2017 ha dato la prima mazzata, la seconda è arrivata con l’invocata acqua di quest’anno che però ha “annegato” le tartufaie e così la raccolta è stata molto più difficoltosa e molto meno redditizia rispetto al passato. Abituati a mettere nel sacco circa 300 chili di tartufi all’anno, i cavatori hanno visto ridurre notevolmente le scorte. «Il nostro lavoro ha bisogno di stagioni regolari – prosegue Silvio Onnis –, cosa che ultimamente non è accaduta. Resta però l’ottimismo perché il modello imprenditoriale scelto da Marco Carta dà sicurezza e soprattutto ci mette al riparo dal rischio di dover svendere il prodotto che nulla ha da invidiare rispetto a quelli di altre regioni o nazioni».

E così un chilo di tartufo estivo costa dai 350 ai 400 euro, mentre a stabilire il prezzo delle qualità più pregiate ci pensa il mercato della penisola. Maggiore è la richiesta, più alta sarà la quotazione. E la Sardegna si adegua volentieri tenendo alta la propria bandiera e garantendosi uno spazio, per ora individuale, che per tantissimo tempo ha pensato di non poter occupare.

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