La Nuova Sardegna

il delitto di capoterra 

«Il pappagallo ripeteva ogni parola»

«Il pappagallo ripeteva ogni parola»

Gli insulti del volatile avrebbero scatenato la reazione omicida

03 luglio 2018
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CAGLIARI. «Con un braccio la teneva, con l’altro la pugnalava»: parole di Anna e Luisa Marongiu, le due donne che hanno assistito all’omicidio di Maria Bonaria Contu, uccisa a coltellate il 2 maggio 2017 a Capoterra dal vicino di casa Ignazio Frailis, per l’accusa sconvolto dagli insulti che gli lanciava il pappagallo della vittima. L’esame delle due testimoni è stato il centro dell’udienza davanti ai giudici della Corte d’Assise che processano il quarantasettenne per omicidio volontario. Il racconto dell’aggressione è in linea con il capo d’imputazione: «Non sembrava arrabbiato - ha riferito una delle testimoni davanti alle domande del pm Paolo De Angelis - ma poi mi ha buttato per terra e ha afferrato Maria Bonaria. Una scena agghiacciante». Stretto fra i difensori Fabio Pili e Gigi Porcella, l’imputato ha ascoltato in silenzio senza tradire emozioni. Nessuna parola anche quando le due donne e altri due vicini di casa hanno descritto il comportamento del pappagallo che sembra aver scatenato la reazione di Frailis: il volatile ripeteva costantemente le parole sentite in casa, era capace anche di imitare il tono. Di conseguenza non lesinava in volgarità e probabilmente Frailis si era convinto, a torto o a ragione, che fossero indirizzate a lui. Fatto sta che i rapporti di vicinato si erano fatti tesi ma quando Maria Bonaria Contu, quel giorno di maggio, si recò al parco per la consueta passeggiata non s’aspettava certo che Frailis la attendesse per un sanguinoso regolamento di conti. La difesa peraltro sostiene che l’incontro sarebbe stato casuale, visto che Frailis, un appassionato di animali e in particolare di gatti, frequentava quello spazio verde per curare i felini randagi. A confermare questa sua passione sono stati altri due testimoni, quelli che sono adnati a cercarlo dopo il delitto.

Il 17 settembre la Corte d’Assise sentirà lo zio dell’imputato, che oltre i fatti al centro del processo dovrà riferire sulle condizioni di Frailis, soprattutto nei giorni che hanno preceduto l’omicidio. Perché se l’aggressione mortale è un dato processuale certo, la difesa ha posto già in udienza preliminare interrogativi importanti sul movente e sulle condizioni psichiche dell’imputato. Ed è su questi aspetti che i giudici sentiranno anche la posizione del consulente d’ufficio e di quello nominato dalla difesa, chiamati a chiarire se al momento dell’omicidio Ignazio Frailis fosse capace di intendere e di volere. Il processo gira tutto attorno a questo interrogativo, dalla cui risposta dipende la sentenza.

Ignazio Frailis è rinchiuso in una cella del carcere di Uta dal giorno del delitto. (m.l)

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