La Nuova Sardegna

BUONI ATENEI UNICO ANTIDOTO ALLA DISOCCUPAZIONE

di LUCA ROJCH

Crescita che passa dalla formazione, dalla iperspecializzazione. La metà della popolazione della Sardegna non ha laurea, né diploma. Peggio fanno solo Sicilia e Puglia. Uno studente su tre abbandona...

04 luglio 2018
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Crescita che passa dalla formazione, dalla iperspecializzazione.

La metà della popolazione della Sardegna non ha laurea, né diploma. Peggio fanno solo Sicilia e Puglia.

Uno studente su tre abbandona la scuola dopo la licenza media.

Nell’isola solo il 23 per cento dei giovani, si fa per dire, tra i 30 e 34 anni ha una formazione universitaria. Un dato che sprofonda la Sardegna al 18esimo posto tra le regioni meno istruite. E a questo censimento si devono aggiungere tutti i giovani che per studiare scelgono di andare via dalla Sardegna.

Per continuare questa discesa agli inferi dell’istruzione si possono snocciolare altri dati. L’Istat certifica che il 50 per cento della popolazione sarda tra i 25 e i 64 anni ha solo il diploma di scuola media. Un dato che fa dell’isola la regione meno istruita d’Italia. Nel 2017 la Sardegna conquista un altro primato. È la prima regione in Italia per abbandoni scolastici. Il 21 per cento della popolazione tra i 18 e i 24 anni non ha titoli superiori alla terza media.

Per completare il deserto su cui si cerca di far fiorire la conoscenza ci sono i neet. Un acronimo preso di peso dall’inglese, che come tutte le parole straniere ha un uso cosmetico. Alla lettera significa “not engaged in education, employment or training”, in italiano: persone non impegnate nello studio, né nel lavoro, né nella formazione. Sono i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non seguono corsi di formazione. In Sardegna sono il 30 per cento. Altro primato da grande depressione.

Forse da soli basterebbero questi numeri per spiegare quanto la ripresa del tessuto economico e sociale di un’isola passi dalle sue università e dalla formazione dei suoi giovani. Quanto lo spirito imprenditoriale sia legato a doppio filo alla formazione di chi in quelle aziende ci lavorerà.

Ancora di più in un’isola condizionata da un gigantesco gap infrastrutturale. Energia, trasporti, strade segnano un solco competitivo insormontabile.

Ogni prodotto che parte o arriva nell’isola deve pagare una sorta di pedaggio che quasi in automatico lo pone fuori mercato.

Solo l’iperspecializzazione o i prodotti ad alto valore tecnologico aggiunto superano le barriere fisiche del mare e mantengono il loro appeal commerciale.

Come dimostrano due industrie di successo hi-tech nate in Sardegna: Tiscali e Abinsula. E quest’ultima ha mosso i primi passi proprio dentro l’università di Sassari. La Sardegna da oggi potrà cancellare il cliché di una sorta di minorità dei suoi atenei. Da ora le università sarde sono eccellenze laureate a pieni voti.

@LucaRojch. @RIPRODUZIONE RISERVATA

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