La Nuova Sardegna

NON TORNI PIÙ LA STAGIONE DELL’ODIO

di DANIELA SCANO

Latitante accusato di omicidi e sequestri. Oggi è un uomo di 67 anni, ha pagato il suo debito con la giustizia, ha scritto sette libri e li presenta in giro. Il ritorno dell’ex bandito, i concetti...

15 luglio 2018
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Latitante accusato di omicidi e sequestri. Oggi è un uomo di 67 anni, ha pagato il suo debito con la giustizia, ha scritto sette libri e li presenta in giro. Il ritorno dell’ex bandito, i concetti espressi nella intervista a Luca Urgu pubblicata in esclusiva dalla Nuova Sardegna, hanno la potenza evocativa di una vecchia istantanea.

Nel 1987 Luciano Barone era un adolescente mamoiadino, aveva pianto ai funerali di parenti morti ammazzati e non poteva immaginare che quattro anni più tardi avrebbe patito il dolore più inconcepibile per un ragazzo: la morte di un coetaneo, cugino caro come un fratello, assassinato.

Annino e Luciano, l’ex bandito e il sindaco, sono uomini lontanissimi, non solo anagraficamente, eppure oggi guardano entrambi a quel tempo lontano di Mamoiada con lo sguardo del reduce. E affermano, dai loro differenti osservatori e con motivazioni diverse, che si può andare oltre l’odio che intossicò le viscere della Barbagia e che a volte sembra risvegliarsi. È ancora troppo presto per dire se ciò che è accaduto ieri nelle campagne di Orune è stato uno di questi rigurgiti. Dalla logica del rancore si può uscire, dicono l’ex bandito e il sindaco. Dimenticare no, è impossibile sia per chi il male lo ha fatto sia per chi lo ha subìto. “Fare” e “subire”, nel Nuorese dei tempi di Annino Mele, erano azioni che si intersecavano nella ragnatela dove i ragni diventavano prede e viceversa. Quella lunga stagione si è chiusa molto tempo prima che il tribunale di sorveglianza concedesse la libertà condizionale ad Annino Mele nonostante l’ergastolo ostativo negasse questa opportunità a un detenuto condannato per sequestri di persona. Il nostro ordinamento parifica il sequestro a scopo di estorsione alla criminalità organizzata. Il giudice ha affermato che l’Anonima sequestri non è equiparabile – pur essendo una associazione a delinquere – a mafia, ‘ndrangheta e camorra. Ragionamento interessante, ma che mette a confronto realtà criminali non paragonabili. Una, infatti, non esiste più.

A parte il sequestro dell’allevatore di Bonorva Titti Pinna, messo a segno da un gruppo di balordi, in Sardegna la stagione dell’Anonima sequestri si è chiusa più di vent’anni fa. Sgominata da leggi speciali che hanno reso sempre meno remunerativo il crimine. Annino Mele e prima di lui Matteo Boe, anche lui di recente tornato uomo libero, sono testimoni di un passato che ritorna solo per ricordarci ciò che la Sardegna ha sofferto e le umiliazioni che ha patito. Mele non si giustifica, non chiede scusa, spiega. Delle vittime non parla, «per delicatezza e per rispetto», ma dice che dopo l’odio si può tornare a vivere. Che dall’odio si possa e si debba uscire, non dimenticando ma andando oltre, è convinto anche il sindaco di Mamoiada. Barone spiega come Mamoiada sia uscito dalle logiche della faida «scegliendo coerentemente un altro percorso di riscatto». Ci sono voluti decenni e un lungo lavoro, individuale e collettivo di metabolizzazione del lutto prima di capire che la strada della vendetta non è mai un percorso obbligato, ma alla fine l’ex bandito e il sindaco sono arrivati alle stesse conclusioni.

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