La Nuova Sardegna

Nel Nuorese è caccia all’attentatore, al setaccio decine di ovili e terreni

Nel Nuorese è caccia all’attentatore, al setaccio decine di ovili e terreni

Un nuovo sopralluogo nelle campagne tra Orune e Nule dove sabato mattina qualcuno ha imbracciato un fucile e ha esploso una raffica di pallettoni contro il pick-up di Giampietro e Ignazio Chessa

16 luglio 2018
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ORUNE. Un nuovo sopralluogo nelle campagne tra Orune e Nule dove sabato mattina qualcuno ha imbracciato un fucile e ha esploso una raffica di pallettoni contro il pick-up di Giampietro e Ignazio Chessa. E poi ancora controlli palmo a palmo nei terreni e ovili vicini a quello degli allevatori presi di mira. Ma per il resto, il giorno dopo il duplice tentato omicidio, le indagini dei carabinieri registrano un punto morto e nessuna svolta di rilievo. A esplodere le fucilate, stando ai reperti raccolti sul luogo dell’attentato, potrebbe essere stata una sola persona che per diverso tempo ha atteso, con pazienza, che i due Chessa arrivassero nella strada di penetrazione agraria che conduce al loro ovile a una decina di chilometri dal paese. Chiunque sia stato, conosceva, evidentemente, le loro abitudini quotidiane e ha voluto tender loro una trappola. Non è escluso, e alcuni segni trovati in mezzo alla vegetazione adiacente alla stradina sembrano lasciarlo intuire, che colui che imbracciava il fucile fosse accompagnato da qualcuno.

Certo è che finora, nonostante i controlli, i nomi dell’attentatore e del suo probabile accompagnatore restano avvolti nell’ombra. Né sembra che il racconto fornito dai due Chessa, padre e figlio, abbia rivelato qualche particolare utile per risalire all’identità di chi ha esploso le raffiche di pallettoni. Quelli vissuti sabato mattina, dai due Chessa, del resto, sono stati istanti di paura e concitazione. Solo per l’imperizia dell’aspirante killer e per la prontezza di riflessi di Ignazio Chessa, che guidava il pick-up, infatti, i due padre e figlio sono riusciti a scampare all’agguato e a tornare a casa illesi, senza nemmeno un graffio.

Chi ha esploso i colpi, in ogni caso, non voleva lanciare un semplice e inquietante avvertimento, ma uccidere. A suggerirlo, infatti, oltre al numero di colpi esplosi, c’è anche il periodo scelto per imbracciare il fucile. Sabato mattina, così come ieri e oggi, a Orune sono giorni nei quali tutto il paese è coinvolto nella novena e nei festeggiamenti per Su Carmineddu. Il clou è previsto per oggi, ma già da sabato, tuttavia, attorno alla chiesa e in diverse piazze si respirava l’atmosfera gioiosa tipica dei momenti di ritrovo. Proprio come è accaduto per altri omicidi legati alla faida di Orune, i killer scelgono giorni di festa per lasciare un preciso segnale. È accaduto sabato mattina nei confronti di Giampietro e Ignazio Secchi. E ancor prima, in questa fase più recente della faida, era accaduto anche per un altro giovane morto del paese: Pasquale Monni, ucciso al termine di una festa di matrimonio, mentre si accingeva a salire sulla sua auto parcheggiata a poca distanza dal ristorante zeppo di invitati. Era la notte tra l’11 e il 12 settembre del 2005. E anche in quel caso, l’unica “colpa”, se così si può definire, del giovane orunese era quella di portare un cognome scomodo, quantomeno per una certa parte di compaesani. Proprio come quello di altri due giovani vite spezzate per sempre undici anni fa: Nicola e Serafino Chessa. (v.g.)

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