La Nuova Sardegna

«Agricoltura e turismo i motori della ripresa»

«Agricoltura e turismo i motori della ripresa»

Il ministro promette maggiore sinergia tra Regione e governo sui temi chiave «Senza questo tipo di approccio non possiamo pensare a nessuna crescita»

25 luglio 2018
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SASSARI. Un passato da militante leghista, ora Marco Centinaio indossati gli abiti del ministro all’Agricoltura e Turismo mostra di conoscere le priorità dell’isola in due settori chiave per la crescita economica della Sardegna. Turismo e agricoltura sono i due motori su cui da tempo si è orientata l’economia nell’isola. Dopo la grande crisi che ha messo in ginocchio una grossa fetta dell’industria.

Il turismo rappresenta meno del 7% del pil sardo e ha una fortissima stagionalità. Cosa farà il governo per accrescere il pil?

«Le parole chiave sono programmazione e lavoro di squadra. Senza questo tipo di approccio non possiamo pensare a nessuna crescita. Lo abbiamo visto fino a questo momento. Adesso invertiamo la rotta». Come si può diversificare l’offerta turistica? Fino a oggi la programmazione e le strategie turistiche sono state affidate solo alla Regione. Il governo farà qualcosa?

«Nella prima riunione che ho avuto al Ministero con gli assessori regionali ho ribadito la mia disponibilità a costruire un rapporto diretto con tutti, analizzando insieme le singole realtà e contribuendo a rafforzare ciò che sta dando buoni risultati. Dobbiamo attivare una strategia promozionale più efficace rispetto al brand nazionale. Da settembre, ogni 15 giorni visiterò una regione diversa, incontrando anche gli assessori al Turismo, per toccare con mano le problematicità dei territori e dare insieme risposte concrete».

L’agroalimentare è diventato un traino dell’economia turistica in Sardegna, ma manca una reale regolamentazione e un incentivo alla produzione di qualità. Cosa farete per incentivare questa ricca fetta di mercato legata al turismo?

«L'abbinamento agricoltura e turismo è strategico e per questo dobbiamo muoverci fin da subito per migliorare i punti di debolezza puntando proprio sulla qualità e sulla regolamentazione. Siamo la quinta potenza turistica nel mondo, quelli con i prodotti enogastronomici più copiati, il Paese con più siti Unesco e ce la giochiamo con la Cina che è enorme rispetto a noi, abbiamo la storia e la cultura che tutti ci invidiano, i musei più belli del mondo, il mare tra i migliori d'Europa. Se siamo solo quinti, è evidente che qualcosa non funziona. Già aver creato il Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo rappresenta un passo in avanti verso il cambiamento necessario, non solo attraverso la promozione all'estero, ma anche con la programmazione, gli aiuti mirati alle imprese, la lotta serrata all'abusivismo e il lavoro in sinergia con gli altri ministri».

Le aziende sarde agricole e zootecniche spesso hanno difficoltà nell’accesso al credito e soffrono di una forte frammentazione, che politiche vuole attuare il governo per aiutarle?

«Il sistema funziona quando è unito. Soffriamo questa debolezza strutturale che deve essere superata. In caso contrario ci ritroveremo sempre davanti alle stesse questioni. Servono più organizzazioni di produttori, più cooperative. Noi, come Ministero, possiamo mettere in campo misure per facilitare l’accesso al credito, per semplificare le procedure ed eliminare la burocrazia inutile. Ma ognuno deve fare la sua parte».

La Regione da oltre un anno ha messo in piedi una task force molto efficiente per sconfiggere la peste suina. Da 40 anni radicata in Sardegna. Il morbo è stato eradicato in oltre il 90% del territorio, ma restano i divieti alla movimentazione delle carni. Interverrete?

«È opportuno premettere che la materia è di competenza del Ministero della Salute. Da parte nostra, come Mipaaft, seguiamo con attenzione le attività messe in campo dalle autorità sanitarie nazionali e regionali, per debellare definitivamente dall’isola la peste suina africana. La partita in gioco e molto importante. Ci si trova di fronte a un rischio sanitario che non può essere sottovalutato, anche perché la peste suina è una questione di dimensione globale. Nuovi focolai sono stati rilevati in Romania e il rischio del blocco della movimentazioni di prodotti e di animali potrebbe diventare sempre più concreto».

Il costo del latte di pecora è da sempre uno dei maggiori problemi dell’economia agropastorale nell’isola. Fino a ora non è stato creato un meccanismo per mantenere un prezzo costante e sufficiente per sorreggere l’economia delle campagne.

«I produttori possono affrontare la trattativa in modo più agevole rispetto al passato. Hanno la possibilità di ottenere la definizione di un prezzo del latte crudo alla stalla sufficientemente remunerativo. Per quanto riguarda la cessione di latte crudo, i contratti devono obbligatoriamente avere una forma scritta e non possono durare meno di 12 mesi. A questi contratti si applicano le disposizioni previste dal regolamento Ue e, nella loro formalizzazione, si deve tenere conto dei costi medi di produzione elaborati mensilmente da Ismea. In caso di inadempienze, sono previste delle sanzioni. La normativa comunitaria ha previsto la possibilità per le organizzazioni dei produttori di latte di negoziare il prezzo a nome dei propri aderenti, per la totalità o parte della loro produzione, aggregando l’offerta in deroga alle norme sulla concorrenza».

Il governo vuole impugnare l’accordo Ceta con il Canada che in tre mesi ha dato una crescita dell’export del pecorino di 18 milioni di euro. Perché si vuole rinunciare a un mercato simile?

«Nessuno ha fretta di portare il Ceta in Aula. Vogliamo capire, conti alla mano, se realmente è vantaggioso per il nostro Paese e per tutte le sue eccellenze enogastronomiche. Io sono il ministro dell’Agricoltura e non di parte dell’agricoltura. Ho posto la questione sul tavolo e vediamo».

Non teme che i dazi Usa penalizzino ulteriormente i prodotti di qualità della agroalimentare sardo? Il 90% del pecorino è esportato negli States.

«I dazi chiamano dazi. Noi dobbiamo evitare assolutamente che vengano messi a nostro danno. Non abbiamo bisogno di una guerra commerciale che finirebbe solo per danneggiare la stabilità dei nostri mercati e avrebbe pesanti ripercussioni sul reddito delle nostre imprese. Io voglio difendere i nostri prodotti e lottare per garantire mercati giusti e con regole certe». (l.roj)



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