La Nuova Sardegna

Banche in fuga dall’isola La Cisl: «Colpa della Bce»

di Vincenzo Garofalo
Banche in fuga dall’isola La Cisl: «Colpa della Bce»

Sportelli cancellati e dipendenti a casa, l’esodo è iniziato 5 anni fa e continuerà Mura: «In pochi anni anche il Banco di Sardegna ha chiuso 100 agenzie in attivo»

25 luglio 2018
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SASSARI. La fuga è iniziata cinque anni fa, e non è ancora finita. Le banche scappano dalla Sardegna e nella loro ritirata hanno già travolto centocinquanta agenzie, chiuse senza battere ciglio, esodato duecentocinquanta dipendenti e salutato con la pensione altri centocinquanta impiegati, rimpiazzandone, con nuove assunzioni, solo quattordici. E il processo di estinzione va avanti, con i tre principali gruppi bancari Bper, Unicredit e Banca Intesa che hanno già annunciato un futuro immediato di altri tagli al personale e nuove chiusure di filiali, nell’ordine del 20-25 per cento. E questo senza perdere un centesimo di guadagni e di raccolta fondi. Tutto documentato nel “Dossier sul credito in Sardegna”, scritto dalla Cisl sarda dopo avere monitorato con accuratezza certosina, per anni, il sistema bancario isolano. Un dossier presentato ieri a Sassari da Gavino Carta, segretario regionale Cisl Sardegna, Sergio Mura, responsabile regionale First Cisl e Pier Luigi Ledda, segretario territoriale della Cisl sassarese. «Da anni denunciamo che le banche stanno chiudendo agenzie in tutta l’isola e tenendo a casa come esodati i dipendenti, pagati per non lavorare», spiega con un’enfasi per nulla da contabile, Sergio Mura. «Stanno riducendo la presenza degli sportelli bancari ovunque, ma a soffrirne maggiormente sono i piccoli centri, le zone dell’interno, che si vedono private di un presidio di civiltà e di un servizio che è essenziale per lo sviluppo economico». Ad aprire la strada verso l’evaporazione degli istituti di credito nell'isola, secondo la Cisl è stato il Banco di Sardegna, i cui fili li tira da oltre Tirreno il gruppo Bper: «Per i sardi parlare di banche ha sempre voluto dire parlare del Banco di Sardegna, che aveva una rete capillare di sportelli attivi ovunque», spiega ancora Mura. «Nell'arco di pochi anni il Banco ha chiuso oltre cento agenzie in Sardegna, e la cosa inspiegabile è che erano tutte agenzie in attivo. Agenzie che raccoglievano molto credito e che guadagnavano». Una campagna di desertificazione degli sportelli che ha coinciso con l’acquisizione da parte del Banco della rete di filali della Banca di Sassari. Secondo i dati elaborati dalla Cisl al Banco di Sardegna nel triennio 2015-2017 sono stati persi trecento posti di lavoro, e questo senza nemmeno un licenziamento: tutti esodati o andati in pensione. E mai sostituiti con nuovi assunti. Anzi, quasi mai: le nuove assunzioni nel triennio sono state undici. «Questo a fronte di ben 414 assunzioni che il gruppo Bper ha fatto in tutta l’Italia, trascurando palesemente la Sardegna», accusa Mura. Non è andata meglio all’Unicredit, dove la Cisl registra ottanta posti di lavoro in meno, su 370 addetti. Un’emorragia destinata a crescere, dato che il piano industriale del gruppo prevede il taglio del 25 per cento delle attuali agenzie entro il 2020. Poi c’è Banca Intesa, che in tre anni ha perso ventitré lavoratori, ne ha assunto appena tre, ed entro il 2020 ne manderà a casa altri cinquanta. Niente di buono nemmeno sul fronte Monte dei Paschi di Siena: «Il loro progetto prevede di tenere aperta un’agenzia per provincia, ciò significa che in Sardegna, dove ci sono ora sei agenzie, ne saranno chiuse due», spiegano ancora i segretari Cisl. «Parte della responsabilità di quanto sta succedendo può essere addebitata alla Banca centrale europea, che da tempo eroga senza costo alle banche dell’Unione più di 80 miliardi di euro al mese. Così le banche sono disincentivate dal cercare di ottenere danaro con i consueti canali di raccolta. Agenzie e lavoratori non sono più necessari» sostengono. Per invertire la rotta la Cisl si appella alla politica e alle istituzioni, affinché aprano una trattativa: «È necessario un piano di nuove assunzioni, con l’ingresso al lavoro di giovani. Per fare questo le banche possono contare su tre strumenti di sostegno che prevedono, per ogni nuovo assunto, 8 mila euro dalla finanziaria dello Stato, 4 mila dagli stanziamenti della Regione e 9 mila, in tre anni, dal Fondo di sostegno al credito. Quindi non ci sono scuse, le banche devono assumere nuovo personale».

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