La Nuova Sardegna

Pomodoro da industria, in Sardegna la raccolta è un disastro

di Luciano Onnis
Pomodoro da industria, in Sardegna la raccolta è un disastro

I nubifragi d’agosto hanno provocato un calo del 50-70 per cento del prodotto. L’allarme dei coltivatori: non funziona il sistema dei rimborsi assicurativi

02 settembre 2018
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SERRAMANNA. Pomodori finiti in forzata apnea sotto le ripetute bombe d’acqua della settimana dopo ferragosto, con una perdita del prodotto fra il 50 e 70 per cento. Un disastro economico multimilionario che ha messo (e metterà) in ginocchio le settanta aziende che in provincia di Cagliari si sono dedicate, in circa 370 ettari complessivi di terreni irrigui, alla coltivazione dei pomodori, coltura che al pari dei carciofi caratterizza e traina l’economia di diversi comuni del Campidano come Serramanna, Samassi, Serrenti, Nuraminis, Villasor, Villacidro, Sanluri, Furtei.

Una vasta porzione di territorio che nei giorni del 22, 23 e 24 agosto è finita sott’acqua per il maltempo, con conseguenze catastrofiche per l’intero comparto agricolo. Ne hanno sofferto non solo i pomodori, ma tutti gli orticoli di stagione in genere e la frutta come pesche, meloni, angurie e l’uva, sia da tavola che da vino. La campagna del taglio dei pomodori da industria era iniziata da una quindicina di giorni e stava entrando nel vivo quando piogge torrenziali senza precedenti nel periodo estivo hanno devastato campi e colture. Tutto si è fermato davanti alle bombe d’acqua, il taglio è ripreso solo qualche giorno fa, ma la raccolta è fortemente compromessa.

Hanno perso gli agricoltori, tantissimo, e anche le centinaia di lavoratori stagionali che aspettavano la campagna del pomodoro per guadagnare qualche soldo che sarebbe servito come l’ossigeno per le precarie condizioni economiche familiari. Il quadro della drammatica situazione è stato dipinto in due assemblee di produttori tenutesi a Samassi la scorsa settimana e l’altro ieri a Maracalagonis, da dove si sono levate grida di rabbia e richieste di aiuto. Il presidente della Coldiretti provinciale, Efisio Perra, e il suo vice Priamo Picci, del direttivo Arpos, fanno il resoconto della situazione venutasi a creare nelle zone irrigue della provincia di Cagliari, ma anche nel Sulcis. «Ho 62 anni e praticamente faccio l’agricoltore da sempre – dice Picci, titolare di un’azienda agricola a Serramanna– non avevo mai visto a luglio e agosto condizioni così avverse al comparto agricolo. A luglio le ondate incredibili di calore e ad agosto la pioggia apocalittica. Siamo in ginocchio, ma non ci arrendiamo. Chiediamo solo un aiuto alle istituzioni e in primis alla Regione».

L’analisi del leader provinciale di Coldiretti è a tutto campo: dalle calamità naturali ai contributi regionali, dal sistema assicurativo che non funziona ai danni subiti dall’intera filiera del pomodoro, fra cui l’industria conserviera e i lavoratori stagionali. «La conta dei danni è ancora tutta da farsi – dice Efisio Perra – ma sono sicuramente ingenti, anche del 70 per cento. È una situazione con cui vorremmo non dover convivere a lungo, ma che temiamo possa ripetersi spesso in futuro date le variazioni climatiche in atto: dalla siccità si passa di colpo alle piogge torrenziali e improvvise». Al danno delle calamità naturali si aggiungono gli intoppi burocratici e organizzativi nel pagamento degli indennizzi. Come dire che dal danno alla beffa il passo è breve.

Lo spiega benissimo il leader provinciale di Coldiretti: «Senza voler muovere accuse specifiche, esiste uno strumento che potrebbe essere molto utile alle imprese agricole in caso di danni da calamità naturale, è quello assicurativo – sostiene Efisio Perra – ma non funziona. L’agricoltore è tenuto a pagare subito e in anticipo al 100 per cento la polizza assicurativa, ma quando si tratta di pagare gli indennizzi l’Agea (che a livello regionale agisce tramite Argea, ndc), Agenzia delle erogazioni in agricoltura li fa attendere anche tre anni. Intanto però devono contrarre prestiti bancari per poter mandare avanti l’azienda e le produzioni».

Fra i produttori di pomodori del Campidano, del Sulcis e del Parteolla sta montando la rabbia. Negli incontri di Samassi e di Maracalagonis i rappresentanti di Coldiretti hanno dovuto fare i conti con assemblee di soci veramente esasperati. «È comprensibile – aggiunge Priamo Picci – lavori mattina e sera, fai spese e investimenti e nel momento in cui stai per raccogliere quello che è il frutto del tuo lavoro, ecco che arriva l’imprevisto sotto forma di diluvio universale che ti mette alla corda. Della raccolta di pomodori da industria di questa stagione, dopo le piogge torrenziali della seconda metà di agosto, ci rimane ben poco. Personalmente ho perso il 70% del prodotto, gli altri imprenditori agricoli stanno più o meno come me».

Lo scoramento dei produttori orticoli e frutticoli si tocca con mano in continuazione. «Questo sistema senza protezioni scoraggia moltissimo gli agricoltori – prosegue Efisio Perra – Oltre l’aspetto economico, che è determinante, si innesca una ripercussione estremamente negativa a livello socio-psicologico, con sfiducia totale dei coltivatori. Ricordiamoci che dietro le imprese ci sono sempre persone, famiglie. I giovani che vorrebbero avvicinarsi all’agricoltura e in questo caso al comparto della produzione di pomodori, che se ben gestito e protetto è ampiamente remunerativo, girano alla larga dai campi. Con quali conseguenze per il tessuto economico e sociale di piccoli paesi a vocazione agricola, è facilmente intuibile, per l’oggi e per il domani».

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