La Nuova Sardegna

Funerali fascisti a Sassari, al delirio si risponde con la legge

Daniela Scano
Funerali fascisti a Sassari, al delirio si risponde con la legge

L’apologia del fascismo è un reato, anche se te lo ha chiesto tuo padre sul letto di morte - IL COMMENTO

05 settembre 2018
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Dice Luigi Todini che le esequie fasciste di suo padre, docente di storia del diritto italiano all’Università di Sassari, sono state organizzate per rispettare le ultime volontà del defunto. Una ragione in più per ricordare che i morti non hanno sempre ragione, neppure se sono i tuoi genitori. Non aveva ragione Vittorio Casamonica, boss del clan omonimo nella capitale, che prima di morire nel 2015 espresse alla numerosa progenie il desiderio di arrivare in chiesa dentro una bara trasportata con un sontuoso cocchio trainato da sei cavalli. Quelle esequie funebri furono uno scandalo nazionale anche e soprattutto perché plateale ostentazione di una potenza ottenuta commettendo reati. La cerimonia inscenata dal drappello di camerati sassaresi schierati a braccia tese sul sagrato della chiesa di San Giuseppe ha lo stesso retrogusto di una violazione di legge esibita con insopportabile arroganza. L’apologia del fascismo è un reato, anche se te lo ha chiesto tuo padre sul letto di morte.

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Esaltare simboli e riti del regime fascista è proibito, esattamente come è vietato vendere droga o borseggiare i passanti. Non cambia nulla se accade ai funerali, sono reati. La politica non c’entra. Nella vicenda dell’apologia del fascismo davanti a un feretro, l’ideologia non è un’attenuante e neppure un’aggravante. Si può essere di destra e perfino di estrema destra, liberi di esprimere le proprie idee, ma bisogna essere consapevoli del fatto che non si può coprire una bara con la bandiera di guerra della repubblica di Salò e salutare un morto con una “cerimonia” fascista. Ci sono ragioni storiche per cui i nostri padri costituenti vietarono, oltre alla ricostituzione del partito, anche l’apologia del fascismo. La ragione è semplice, come avrà raccontato il professor Todini ai suoi allievi spiegando loro l’origine dei pesi e dei contrappesi delle istituzioni democratiche. Poiché la storia non si può cancellare, neppure la più tragica, gli italiani e le italiane che più di 70 anni fa uscivano dalla dittatura fascista pensarono di prevenire anche i rigurgiti nostalgici del regime. Il divieto di osannare il fascismo era un vaccino sociale ma evidentemente, dopo tanto tempo, ad alcuni sfuggono le ragioni profonde di una società che si immunizzò contro il morbo che l’aveva devastata.

Oggi, come i no-vax che ignorano quanti morti infantili abbiano provocato le malattie debellate dai vaccini che demonizzano, i partecipanti alle grottesche parate fasciste ignorano (o fingono di ignorare) quante vite umane sia costato quel regime che loro recitano perfino ai funerali. C’è anche una terza ragione, di attualità, che rende gravissimo l’episodio della celebrazione del fascismo davanti alla chiesa di San Giuseppe per la morte del professor Todini. La deriva neofascista che si sta manifestando in Europa si porta dentro un seme avvelenato che vuole negare la libertà e la democrazia. Un seme che l’ignoranza sta facendo germogliare nelle generazioni che non conoscono il pericolo, ma anche in quelle che pur conoscendolo lo sottovalutano derubricando tutti i segnali - anche i più inquietanti - in farsa, operetta, carnevalata. Solo alcuni anni fa, quanto accaduto davanti alla Chiesa di San Giuseppe sarebbe stato impossibile solo da immaginare: bandiere, saluti e parole d’ordine fascisti. I fantasmi del totalitarismo e del razzismo, in nome di un neofascismo mascherato da alcuni dalla parola populismo. Di fronte alla grottesca pantomima davanti alla chiesa c’è una domanda alla quale magistratura e le forze dell’ordine devono dare una risposta e, ancora prima di loro, la società civile che non dimentica la sua Storia.

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