La Nuova Sardegna

Febbre del Nilo, in Sardegna cresce il contagio

Claudio Zoccheddu
Disinfestazione per la febbre del Nilo
Disinfestazione per la febbre del Nilo

Trovati altri animali infetti nella piana di Ottana, nel Nuorese e nella zona di Siniscola

07 settembre 2018
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SASSARI Colpisce uomini e animali. Si è diffuso in tutta Europa, dove sono state segnalate oltre 300 infezioni. In Italia il Centro Nazionale Sangue ha segnalato la presenza del virus del Nilo occidentale in 40 province mentre in Sardegna sono state riscontrate due infezioni nell’uomo, di cui solo una grave, e una lista di animali contagiati che si allunga ogni giorno, allargando anche i confini dell’area di riferimento. Gli ultimi casi arrivano dal Nuorese, dove sono state catturate zanzare infette e dove il virus del Nilo è stato ritrovato dai virologi dell’Ats in tre cornacchie. La febbre del Nilo è ritornata nell’isola e si è diffusa rapidamente, sfruttando condizioni climatiche ottimali per le zanzare, che sono uno dei veicoli di diffusione del virus. L’altro è il sangue, e per la Sardegna è una pessima notizia. L’allarme, però, non è ancora suonato: il virus è pericoloso solo in condizioni particolari mentre la sua diffusione potrebbe essere cancellata dall’arrivo dell’inverno e di condizioni climatiche in cui le zanzare non riescono a riprodursi.

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La diffusione. Gli esperti lo stavano aspettando. Dopo le segnalazioni arrivate dal nord Italia era solo una questione di tempo prima che il virus del Nilo ricomparisse anche in Sardegna. E probabilmente alcuni interventi mirati di disinfestazione hanno evitato una diffusione ancora più rapida e capillare. Per monitorare le presenza del virus l’istituto zooprofilattico della Sardegna utilizza una cinquantina di trappole per zanzare sparse in tutta la Sardegna, preleva i campioni e li analizza. Alla fine di luglio non c’erano casi di zanzare infette. Poi, all’improvviso, il ritorno del virus e la sua diffusione praticamente in tutta l’isola.

Il paziente zero. La prima zanzara infetta del 2018 è stata catturata all’inizio di agosto in una trappola sistemata nei pressi dell’aeroporto di Alghero. Una coincidenza che potrebbe far pensare che, questa volta, l’untore non sia un uccello migrato dall’Africa quanto piuttosto un turista arrivato dal nord Italia, dove il virus era già diffuso e iniziava a dare problemi. Ovviamente si tratta di una congettura, non ci sono prove e la tesi si basa su una combinazione di eventi non verificabile. A ogni modo, il “contagio” dovrebbe essere partito dalla Nurra per poi diffondersi in pochissimi giorni prima nell’Oristanese e poi nel Nuorese.

Le vittime. I casi di febbre del Nilo sull’uomo sono due ma sugli animali sono molti di più e non arrivano da territori in cui le zanzare culex – le più diffuse portatrici del virus – sono molto diffuse, come invece capite nelle zone umide dell’Oristanese. Gli esperti hanno rilevato la presenza del virus in pool di zanzare catturate a Ottana e in tre cornacchie abbattute a Nuoro (Corte e Prato Sardo) e a Siniscola, segno che il virus ha attraversato l’isola da costa a costa. La mappa della diffusione è in mano all’Ats che ha chiesto la collaborazione dei cittadini, qualora si trovassero davanti a carcasse di uccelli che potrebbero essere infetti e segnalarne la presenza sarebbe utilissimo.

Gli esperti. Chi si occupa di controllare il virus non è troppo preoccupato della sua diffusione ma non nasconde qualche timore per gli effetti collaterali che provocherebbe: «Se dovesse crescere ancora si dovrebbero bloccare le donazioni del sangue perché potrebbe essere un veicolo del virus su persone particolarmente esposte perché in cattive condizioni di salute – spiega Sergio Babudieri, professore dell’università di Sassari specializzato nelle malattie infettive – ma bisogna perdere la testa perché è molto probabile che i diffusori del virus non resistano al calo delle temperature e scompaiano con l’arrivo dell’inverno. Ogni aspetto di questa vicenda, poi, è controllato dall’Istituto zooprofilattico che aveva previsto il ritorno del virus e ne ha limitato la diffusione con disinfestazioni mirate. Il fatto che ci siano solo due infezioni sull’uomo non è un caso».

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