La Nuova Sardegna

Una cura per la Sla Forbici molecolari per tagliare il gene

Una cura per la Sla Forbici molecolari per tagliare il gene

A capo dell’equipe dei ricercatori la virologa Antonina Dolei Lo studio pubblicato sulla rivista scientifica “Viruses”  

12 settembre 2018
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SASSARI. Un “taglia e incolla” del Dna potrebbe diventare la cura definitiva per chi è malato di Sla, una malattia neurodegenerativa, che colpisce il sistema nervoso e può solo peggiorare.

L’annuncio arriva dagli scienziati dell’università di Sassari che hanno pubblicato uno studio sulla rivista scientifica “Viruses” dal titolo: «Disruption by SaCas9 endonuclease of Herv-Kenv, a retroviral gene with oncogenic and neuropathogenic potential, inhibits molecules involved in cancer and amyotrophic lateral sclerosis». L’equipe, guidata dalla virologa Antonina Dolei, docente dell’ateneo sassarese, è composta da Gabriele Ibba, Claudia Piu, Elena Uleri e Caterina Serra.

Per la loro ricerca gli scienziati, grazie alle cosiddette forbici molecolari, hanno letteralmente ritagliato il materiale genetico in quelle parti in cui il genoma della sclerosi laterale amiotrofica viene incorporato.

«Abbiamo messo a punto delle specifiche forbici molecolari mediante le quali siamo riusciti ad eliminare dal Dna di cellule umane il gene retrovirale endogeno Herv-Kenv, sospettato di contribuire al tumore della prostata e alla neurodegenerazione della sclerosi laterale amiotrofica» spiega il ricercatore Gabriele Ibba.

«Questo nuovo risultato suggerisce che il retrovirus endogeno Herv-K non sia un innocuo spettatore, ma che ci sono legami non solo tra Herv-K e l'oncogenesi, ma anche tra Herv-K e la Sla, dato che l’aumento di sole due volte di Tdp-43 può causare neurodegenerazione», prosegue Antonina Dolei, professoressa di virologia nel dipartimento di Scienze biomediche dell’università di Sassari. «In pratica, se ci fosse un contributo di Herv-Kenv alla patogenesi della Sla, si aprirebbe la prospettiva di considerare la Sla non come una malattia incurabile, ma come una patologia che coinvolge un retrovirus, contro il quale è possibile utilizzare terapie farmacologiche», conclude la professoressa Dolei.

Una ricerca importante, quindi, quella dell’università di Sassari, che apre nuove speranze per i malati. E che testimonia l’impegno dell’ateneo sassarese nella lotta contro la Sla, una malattia molto diffusa in Sardegna. Di recente è stato anche istituito – nel dipartimento di Scienze biomediche – il centro di ricerca e studio dei metalli in traccia. Molti studi scientifici, infatti, hanno dimostrato che i metalli possono avere un impatto importante sulla salute umana. E potrebbero avere anche una “responsabilità” nell’insorgenza della Sla.

La Sla è una malattia rara le cui cause sono ancora sconosciute. Oltre a quelle genetiche (sono noti attualmente circa 20 geni coinvolti nel meccanismo della Sla), si ipotizzano cause ambientali, quali attività fisica-sportiva intensiva, fumo di sigaretta, traumi, inquinamento da metalli. Non esiste attualmente un trattamento in grado di guarire la Sla, anche se la ricerca terapeutica, come dimostra lo studio dell’università di Sassari, è molto attiva e promettente.



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