La Nuova Sardegna

Edilizia, persi 30mila posti Chi resiste è sottopagato

di Serena Lullia
Edilizia, persi 30mila posti Chi resiste è sottopagato

Lo studio della Filca Cisl: il 56% degli occupati guadagna 10mila euro all’anno Si salva la Gallura che ha superato prima la crisi, male Nuoro e Oristano

20 settembre 2018
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OLBIA. Il peso della crisi non ha solo appiattito il numero degli occupati nell’edilizia. 30mila in meno rispetto al 2009. Ha compresso anche gli stipendi. Un lavoratore edile mediamente lavora 850 ore e non incassa più di 10mila euro in un anno. In più il 56% degli occupati è inquadrato al primo livello. Manovale. A fare il punto sullo stato di salute del settore dei mattoni nell’isola è il segretario generale Filca Cisl, Giovanni Matta. L’occasione è la riunione dell’esecutivo nazionale della federazione sindacale che associa i lavoratori delle costruzioni. E il quadro che emerge non è positivo. Grande fiducia viene riposta nella nuova legge urbanistica in discussione in Consiglio regionale. Il sindacato non chiede di trasformare la Sardegna in un’isola di cemento. Ma di riqualificare l’esistente e realizzare opere e infrastrutture pubbliche.

Manovali e sottopagati. «Attualmente abbiamo 23 mila occupati nel settore edilizio in Sardegna – spiega il segretario Matta –, 30mila in meno rispetto al 2009, quando è cominciata la crisi. A livello nazionale si sono persi 800 mila posti di lavoro. Rispetto a questo dato il prezzo pagato dall’isola è molto molto alto». Non è solo il numero degli occupati dimezzato che preoccupa. «Ma la condizione generale in cui versa il settore – continua Matta –. Oggi un lavoratore edile lavora mediamente 850 ore e percepisce un salario medio annuale che non supera i 10mila euro. Una condizione preoccupante a cui si lega la fuga e l’elusione dal contratto, il lavoro nero. Quest’ultimo, secondo le stime degli uffici del lavoro è sopra il 25%. Al fianco di questo dato allarmante c’è poi l’inquadramento dei dipendenti. Per il 56% di primo livello aziendale, cioè manovali».

La Gallura è diversa. In un quadro generale negativo, il settore dell’edilizia ha il sorriso in Gallura. Territorio che ha riacceso le betoniere prima del resto dell’isola. «Sia dal punto di vista del lavoro che dei salari il nord Sardegna e la Gallura vivono una situazione di vivacità. Merito in parte di opere importanti come la Olbia-Sassari ma anche di infrastrutture programmate da tanto tempo che finalmente vedono la luce. Arrancano invece le zone di Oristano e Nuoro. Va un pochino meglio a Cagliari».

Legge urbanistica. La Filca Cisl guarda con speranza anche alla legge urbanistica approdata in Consiglio regionale. «Attualmente la legge che disciplina l’urbanistica risale al 1984. Sono passati 35 anni e anche quella normativa arrivò dopo tanti anni di discussione e accesi dibattiti – dichiara il segretario Matta –. Attualmente abbiamo bisogno di una legge che dia certezze agli investitori e regoli meglio la procedura autorizzativa. Dal momento in cui un’opera viene pensata a quello in cui viene cantierata non possono passare cinque anni. Dalla legge al vaglio del Consiglio regionale ci attendiamo anche la riqualificazione dei materiali. Il crollo dell’edilizia ha portato alla cancellazione di settori collaterali tipici dell’industria sarda come i laterizi, ormai scomparso, i lapidei che oggi vede la produzione solo di blocchi ma non le lavorazioni di secondo e terzo livello, il settore del cemento che è debilitato e quello del legno, che sta scomparendo».

Riqualificazioni e grandi opere. Ma il futuro non è nel nuovo cemento. «La prima cosa da fare è riqualificare l’esistente – conclude Matta –. Siamo la regione d’Italia con il maggiore impatto di realizzato e non venduto. Anche a causa dello spopolamento abbiamo tante case abbandonate che serve riqualificare. Con criteri nuovi, anche costruttivi, ma anche valorizzando i materiali con cui sono stati realizzati. Come il granito, il basalto e la terra cruda. E per il futuro serve sbloccare anche le grandi opere pubbliche. Come le bonifiche dei siti inquinati e le opere contro il dissesto idrogeologico».



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