La Nuova Sardegna

L’appello della scuola sarda: «Servono più risorse»

Claudio Zoccheddu
L’appello della scuola sarda: «Servono più risorse»

Presidi e sindacalisti a Bussetti: «Belle proposte, ma adesso vanno realizzate»

23 settembre 2018
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SASSARI. Le intenzioni sono state promosse a pieni voti. C’è una riserva, però. Non è la prima volta che il mondo della scuola riceve rassicurazioni che durano meno di un quadrimestre. E gli impegni presi dal ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, in un’intervista alla Nuova Sardegna, sono stati accolti da presidi e sindacalisti per quello che sono, in attesa che dalla teoria si passi alla pratica. In ballo c’è un tesoro da far fruttare: la scuola.

I dirigenti scolastici. Sono pochi e molti di loro sono oberati dalle reggenze. Oltre all’istituto che guidano, infatti, sono costretti a seguire quelli che non hanno ricevuto un dirigente scolastico in esclusiva. Significa dimezzare i tempi a disposizione per i compiti da svolgere e raddoppiare il numero degli impegni. Eppure, danno fiducia al ministro. Almeno per il momento. «È importante che dica di voler combattere la dispersione scolastica, d’altra parte tra i suoi compiti c’è anche quello di infondere positività – spiega Nazario Porcu, ex dirigente scolastico e rappresentante dei presidi del Nuorese –. Purtroppo spesso tra quello che viene detto e quello che viene fatto c’è differenza. Bussetti, però, è uno che conosce il mondo della scuola e quindi dico che se davvero riuscirà a riequilibrare le risorse sarà un gran colpo. Se la scuola va male è perché ci sono pochi soldi». Antonio Fadda è un esempio di dirigente multitasking, preside del liceo Asproni e reggente dell’istituto comprensivo di Fonni: «Al ministro dico che servono nuovi presidi anche se so benissimo che c’è un concorso in fase di svolgimento. Però non basta, le scuole sono comunità di persone che hanno necessità di avere un interlocutore presente che può garantire maggiore attenzione ai problemi che, purtroppo, non mancano. Ed è chiaro che una scuola che funziona diventi un argine all’abbandono e allo spopolamento. Bussetti conosce il problema perché si è occupato delle scuole lombarde, che non sono solo quelle di Milano ma anche quelle delle valli alpine».

I sindacalisti. «Le parole del ministro, soprattutto quando parla dell’ampliamento delle scuole in cui si farà tempo pieno, sono incoraggianti – spiega Ivo Vacca, segretario regionale della Flc Cgil – ma credo sia difficile che possano diventare realtà. Eppure basterebbe un pizzico di buon senso per modulare i criteri di assegnazione dei fondi alle esperienze delle scuole sarde. Diversamente sarà difficile alzare la media degli studenti sardi che frequentano il tempo pieno, che sono appena 1 su 20». Anche secondo Maria Luisa Ariu, segretario della Cisl Scuola Sardegna, il tempo pieno è un punto fondamentale, come il sostegno: «Il ministro ha fatto considerazioni che condivido ma serve un giro di vite nel discorso legato al numero degli insegnanti di sostegno. La Sardegna è la penultima regione italiana per numero di insegnanti di sostegno a disposizione degli alunni. Ne abbiamo 2500 in meno rispetto a quelli di cui ci sarebbe bisogno. Ripartiamo da qui». Il tema è caro a anche ad Alessandro Cherchi, segretario Uil Scuola Rua Sassari-Gallura: «La verità è che gli alunni continuano ad avere insegnanti di sostegno non qualificati che potrebbero essere formati da corsi universitari che sarebbero utili alle asse delle università sarda, dato che un corso costa circa 3500 euro. Purtroppo, però, si preferisce risparmiare, peraltro pochi euro, affidando il sostegno ai precari non qualificatici. Per quanto riguarda il tempo pieno, invece, non dobbiamo dimenticare il problema dei trasporti che si potrebbe risolvere solo se i Comuni riuscissero a garantire un trasporto alternativo a quello di linea. Prima, però, attiviamolo dato che dall’Ufficio scolastico regionale arrivano solo bocciature a qualsiasi tipo di proposta». «Diversi responsabili di plesso- il responsabile di Uil Scuola Giuseppe Corrias - si stanno dimettendo dall'incarico perché dicono ai presidi che senza personale a disposizione non è possibile gestire la situazione»

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