La Nuova Sardegna

Immigrati e rifugiati: Sardegna isola chiave

di Umberto Aime
Immigrati e rifugiati: Sardegna isola chiave

Riunita per la prima volta a Cagliari la Commissione sicurezza e diritti umani. L’intervento di Renato Soru: «Noi sosteniamo il dialogo e la cooperazione»

24 settembre 2018
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CAGLIARI. La Sardegna è un fazzoletto di terra, isolato, nel mezzo del Mediterraneo. I sardi lo sanno da una vita, mentre altri, a Roma e Bruxelles, invece troppo spesso se lo dimenticano, abbandonandola a se stessa e così sbagliando di brutto. Per altri ancora è stata una scoperta. Ammessa da alcuni degli oltre trenta deputati internazionali, che, in una domenica calda e favolosa, hanno partecipato all’assemblea dei Parlamenti degli Stati affacciati su un mare unico. È il Mediterraneo appunto, per metà occidentale e l’altra metà arabo: esempio millenario di quanto il mondo è stato e sarà ancora una babele sempre in bilico fra guerra e pace, ricchezza centralizzata e povertà diffusa. Quando i parlamentari sono partiti dalla Giordania e dal Marocco, dalla Palestina e dall’Egitto, dall’Algeria e dalla Turchia, da Israele e anche da alcune capitali europee, Berlino, Madrid e Lussemburgo, forse neanche sapevano dove fosse in realtà l’Isola dei nuraghi. Eppure quando sono arrivati, in missione per la prima volta a Cagliari, convocati dall’europarlamentare Renato Soru, per essere presenti al vertice della commissione transnazionale su «diritti umani, migranti e sicurezza», hanno capito che invece la Sardegna i potrebbe essere persino uno di quei luoghi in cui trattare fra loro una pacificazione oggi inesistente. Sulla sponda Nord, quella occidentale, perché la paura del terrorismo, che è molto più reale al di là delle Alpi italiane, ha spinto troppi Stati europei a rispolverare i fantasmi di nazionalismi esasperati. Hanno ricostruito muri, barattato la sacrosanta e dovuta solidarietà verso i rifugiati, quelli veri in fuga da barbarie e fame, con un preventivo cordone d’inviolabilità, filo spinato e manganelli. Fino a lasciare sola l’Italia nel fronteggiare un esodo biblico, disperato, drammatico e purtroppo mortale, provocando anche sulla terra ferma tricolore, isole comprese, rifiuti, respingimenti e odio. Sulla sponda sud, quella araba, di contro non c’è la pace, e chissà se mai ci sarà, e neanche ricchezza. Perché quello è il Continente da cui partono i barconi della disperazione, e in cui sembra essere senza fine il conflitto fra l’Islam pulito, trasparente, e quello che incita ad assurde guerre di e per la religione fino alle controcrociate. Soprattutto è in quella sponda del Mediterraneo che impazzano le guerre, dalla Libia alla Siria, si materializzano le diaspore, o si consumano ancora le ingerenze, spesso segrete, di un Occidente incapace nell’abbandonare l’antico e oggi anacronistico spirito colonialista. Così quando Soru, che è presidente di una delle commissioni dell’Unione dei Parlamenti degli Stati sul Mediterraneo, ha detto «Ci candiamo a essere un’isola di pace e per la pace», gli applausi della variegata sala sono stati immediati e spontanei. «Siamo qui – ha aggiunto – per sostenere con decisione il dialogo, la cooperazione, il piacere che dobbiamo ridimostrare d’avere dello stare insieme, contrapposto all’attuale infelicità del prendersela con qualcuno diverso da noi e dal vicino che conosciamo». È accaduto lo stesso quando il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, ha ribadito con decisione «il no dei sardi a un’Europa che si chiude su se stessa, in protezione di chissà quali fortezze medioevali». Passaggio ribadito quando ha sottolineato che «il terrorismo dobbiamo combatterlo e vincerlo assieme, mentre la difesa dei diritti umani e la voglia d’integrazione sono virtù imprescindibili». Ganau tra l’altro ha criticato la svolta politica del governo italiano e di Salvini in particolare: «Non può e non va condivisa. Il Mediterraneo deve ritornare a essere una mare di civiltà e scambi. Non più di morte». È difficile. Perché quando il confronto s’è ristretto agli Stati presenti, le contrapposizioni sono state palesi. Soprattutto fra Israele e i Paesi Arabi, Palestina in testa. Si sono dati del macellaio vicendevolmente, o, a seconda dei casi, denunciato un’Europa debole, lanciando nel dibattito diverse accuse verso Stati Uniti e Russia: «Due paesi arroganti e troppo invadenti». I toni sono stati aspri finché Soru non ha riaffermato il motivo del vertice: «Assumere una posizione comune sulla bozza di raccomandazione che riguarda il fenomeno migratorio e lo stato dei rifugiati». In uno dei 31 punti della raccomandazione, sarà votata presto a Barcellona, c'è l'esortazione alla comunità internazionale a «ricercare soluzioni politiche sostenibili». Una su tutte: «Aiutare in casa la sponda sud». Facile a dirsi: è una strada lastricata ancora solo di buone intenzioni.

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