La Nuova Sardegna

La convention fa il pienone: il Pds lancia le primarie

di Roberto Petretto
L'intervento di Paolo Maninchedda
L'intervento di Paolo Maninchedda

Abbasanta, nell'incontro voluto da Maninchedda tanti sindaci e amministratori locali, sia di destra che di sinistra

24 settembre 2018
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INVIATO A ABBASANTA. Primarie aperte che più aperte non si può: destra e sinistra? Schieramenti e coalizioni? Idee vecchie di chi non è in grado di misurare i cambiamenti, valutare le esigenze delle comunità e disegnare le azioni future. Paolo Maninchedda, che dice di odiare il sentirsi chiamare leader, con l’assemblea di ieri a Abbasanta la mossa da leader l’ha però fatta. Con la proposta di primarie per la scelta del futuro candidato alla presidenza della Regione aperte a tutti. Anzi: a tutti quelli che si riconosceranno in un’idea, in quella che lui ha definito la “cornice” e che è stata votata per acclamazione da una platea entusiasta. «La Sardegna è una nazione, una comunità di valori e di interessi che vuole il potere per interpretarli e difenderli»: eccola la cornice che definirà chi sta fuori e chi sta dentro. Ecco la condizione che, secondo Maninchedda, dovrà essere l’elemento che darà la forza di un intero popolo al candidato presidente che uscirà dalle primarie. Ecco l’idea “rivoluzionaria” sposata dal Partito dei sardi e proposta ieri nel corso di un’assemblea aperta a tutte le forze politiche, ma soprattutto ai sindaci e agli amministratori locali. Quelli che Emiliano Deiana, presidente Anci, ha definito “La spina dorsale dell’amministrazione pubblica in Sardegna”. E che, come tutte le spine dorsali, deve assorbire le sollecitazioni più brusche e violente.

Molti sindaci hanno risposto all’invito del Partito dei Sardi «per un progetto politico di coesione e convergenza nazionale». Aula affollata da almeno 400 persone (stima per difetto): l’invito di Maninchedda e del Pds era ed è rivolto a tutti. Per l’assemblea di ieri e, soprattutto, per le primarie. Chi si riconosce nel principio di base per partecipare si dovrà spogliare dei propri simboli di partito? «Assolutamente no - dice Paolo Maninchedda -. Se tutti i partiti stanno all’interno di questa cornice, noi facciamo un processo che non si è mai visto in Sardegna. L’importante è che sia un mandato che nasce dal riconoscimento della natura della Sardegna come comunità di valori e interessi condivisi, come nazione». Per Maninchedda «le primarie devono essere l’istituzionalizzazione dell’unità senza rendere uniformi tutti i sardi». Le differenze ideologiche possono essere superate nel nome di un interesse superiore: quello della Sardegna, quello dei sardi: «I motivi di differenziazione non sono tali da proporre due ordini delle cose contrapposti, ma due prospettive all’interno dello stesso ordine. Poi se uno prende un voto in più, gli altri, all’americana, si fanno da parte e danno una mano. Non è che si candidano comunque».

L’assemblea ha risposto in maniera entusiastica. Certo, era schierata e benevola, anche se non era «un’assemblea del Pds». Diversi i sindaci, anche di schieramenti diversi, dai quali è arrivata comunque, nei casi di maggiore ostilità, una manifestazione di interesse e di attenzione, quando non di aperto appoggio.

D’altronde il popolo degli amministratori locali è stanco e sfiduciato. Tanti sindaci e assessori che sono intervenuti ieri hanno lamentato una situazione sempre più difficile. A cominciare da Emiliano Deiana, presidente dell’Anci, che ha parlato delle istituzioni comunali «massacrate» dai tagli ai trasferimenti dello Stato e ha definito quella delle primarie «una sfida che le persone di buon senso devono cogliere». Gian Valerio Sanna, ex assessore regionale e ora amministratore comunale a Abbasanta si è detto d’accordo sulle primarie, ma ha ammonito: «Bisogna costruirle in modo da togliere qualsiasi scusa ai partiti nazionali». Per Antonio Succu, sindaco di Macomer è importante l’unità: «Dietro una Giunta e un Consiglio regionale ci deve essere un intero popolo». Per Marco Murgia, sindaco Ozieri «si sta alzando l’asticella e non ci si può permettere di sbagliare». Un poco di autocritica è venuta da Marta Cabriolu, sindaco di Villacidro: «È un po’ colpa nostra che abbiamo permesso certe cose. Ora non dobbiamo più consentire a nessuno di dirci che non possiamo camminare da soli». Sebastian Cocco, “già” vicesindaco di Nuoro (come ha lui stesso precisato) ha usato un’efficace raffigurazione: «Le primarie per indicare il sindaco della Sardegna». E mentre per Gian Basilio Deplano, sindaco di Ussassai, prevale l’amarezza del constatare che ormai «si gestisce la disperazione, programmando la miseria», per il suo collega di Lula, Mario Calia, è necessario a questo punto «indossare la maglia della nazionale sarda e remare tutti nella stessa direzione». Unità è stata la parola d’ordine del giorno: «Se saremo uniti possiamo cambiare la storia», ha detto Gianluca Congiu, sindaco di Girasole. A determinate condizioni il progetto piace anche al sindaco di Santu Lussurgiu, Diego Loi. Per Marco Melis , primo cittadino di Arzana, le colpe non sono solo dello Stato centrale: «Spesso la Regione è matrigna e si ricorda solo di alcune zone. Continuerò a seguirvi con attenzione». Le colpe della Regione le ha evidenziate anche Antonello Figus, sindaco di Santa Giusta: «Le riforme solitamente finiscono per peggiorare le cose», mentre Anita Pili, sindaco di Siamaggiore ha espresso soddisfazione: «Finalmente i sindaci vengono chiamati a esprimere la propria opinione».

Un endorsement deciso è arrivato alla proposta di Maninchedda da Nardino Degortes, esponente del Pd gallurese: «Dobbiamo lavorare per la convergenza sulla nazione sarda, rompere gli schematismi e trovare ragioni per stare insieme».

Dopo gli interventi il voto per acclamazione su tre punti: la cornice proposta da Maninchedda, l’impegno a organizzare le primarie e l’impegno «a impedire che il destino della Sardegna venga deciso fuori dalla Sardegna». I candidati imposti da Roma o da Arcore sono avvisati: non saranno bene accetti.

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