La Nuova Sardegna

Migranti, l’isola insorge: «Non vogliamo i lager»

Silvia Sanna
Migranti, l’isola insorge: «Non vogliamo i lager»

L’assessore Spanu: passo indietro. Succu, Macomer: Cpr, patti da rispettare

26 settembre 2018
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SASSARI. Quello che viene dipinto assomiglia a un mondo alla rovescia. La Regione sino a questo momento in materia di accoglienza migranti ha seguito una strada chiara, ben tracciata. Il ministro Salvini con il decreto sicurezza – fresco di approvazione da parte del Consiglio dei ministri – rimette tutto in discussione. In pillole: più Cas, centri d’accoglienza straordinari, e meno Sprar, i sistemi di seconda accoglienza e integrazione, ma anche tempi più lunghi per i rimpatri, con conseguente aumento del periodo di permanenza nei Cpr. Il decreto toglie poteri ai Comuni e li restituisce allo Stato, rappresentato dalle Prefetture. Pone limiti forti alla concessione dell’asilo, eliminando la concessione per motivi umanitari. Un cambio di rotta in parte previsto ma deciso in perfetta solitudine. «Da mesi il presidente Pigliaru ha sollecitato un incontro al ministro Salvini sulla gestione migranti e sul Centro per i rimpatri di Macomer – dice l’assessore Filippo Spanu, delegato dal governatore sul tema dei flussi migratori – per chiedere il rispetto degli accordi siglati con il precedente governo. Tutte le richieste sono cadute nel vuoto. Ora, da un primo esame del decreto, abbiamo la sensazione che le condizioni siano cambiate e questo fa venire meno i presupposti che avevano portato la Regione a dare l’ok all’intesa».

Cpr. L’assessore Spanu si riferisce in particolare al Cpr di Macomer. Il Centro per i rimpatri nell’ex carcere, unico in Sardegna, dovrebbe essere pronto a fine gennaio. Questi i termini dell’accordo tra la Regione, il Comune di Macomer e il governo rappresentato dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, ricorda il sindaco di Macomer Antonio Succu: «L’intesa prevede massimo 100 posti, periodo di permanenza limitato sino a un massimo di 90 giorni, condizioni di sicurezza garantite da potenziamento dei presidi delle forze dell’ordine, riapertura della caserma della Guardia di finanza in un locale gratuitamente messo a disposizione dal Comune, impianti di illuminazione adeguati intorno alla struttura. Ma anche rispetto per la dignità umana delle persone ospitate. Mentre i lavori vanno avanti – continua il sindaco Succu – i fondi per l’illuminazione e la ristrutturazione del locale adibito a caserma non sono arrivati. E nel decreto si allungano i tempi di permanenza sino a 180 giorni, 6 mesi. Inaccettabile. Il Centro rimpatri diventerebbe un lager e la sicurezza al suo interno e all’esterno non sarebbe garantita. L’accordo deve essere rispettato, un apposito comitato vigilerà perché questo accada». Se così non fosse il Comune di Macomer «farà le barricate – assicura Succu – e ritirerà la sua disponibilità. Abbiamo detto sì al Cpr ritenendo che la presenza di una struttura regionale sia l’unico deterrente per arginare gli sbarchi dei clandestini. Ma faremo marcia indietro se ci renderemo conto che non ci sono più le condizioni di sicurezza». L’assessore Spanu si farà interprete di questa preoccupazione il 4 ottobre alla Conferenza delle Regioni: «Potrebbe esserci anche il ministro Salvini, la sua presenza è stata sollecitata proprio alla luce del decreto appena approvato. La Sardegna dirà questo: «Le scelte devono essere condivise, se lo Stato cambia le carte in tavola allora la discussione deve ricominciare perché quella precedente evidentemente non vale più».

Sprar a rischio. Qualche giorno fa l’assessore Spanu ha messo nero su bianco tutta la sua preoccupazione in una lettera indirizzata al presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini. In particolare, Spanu evidenzia nel testo la volontà di ridimensionare «se non addirittura sopprimere», il sistema di accoglienza Sprar gestito dai Comuni. «Un sistema che dovrebbe rappresentare un modello da esportare e che invece viene accantonato», dice l’assessore regionale. Il decreto – che consente l’accesso allo Sprar solo ai rifugiati titolari di protezione internazionale e ai minori – «avrebbe come conseguenza quella di riempire i Cas, i Centri di accoglienza straordinari, annullando tutti gli sforzi fatti per promuovere un sistema di accoglienza sostenibile che funziona e si è evoluto rapidamente». All’orizzonte c’è un ritorno al passato, con i grandi Centri d’accoglienza superaffollati, zero integrazione e tensione sociale. Uno scenario allarmante per «un’isola che ha scelto di intraprendere la strada dell’accoglienza e dell’integrazione». Un salto nel buio, pieno di incognite.

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