La Nuova Sardegna

«Il giudice è corrotto» Cinque anni per Cristiano

di Tiziana Simula
«Il giudice è corrotto» Cinque anni per Cristiano

La sentenza del tribunale di Roma. Per Spano quattro anni e otto mesi

16 ottobre 2018
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OLBIA. Una decina di minuti di camera di consiglio, poi, il verdetto: cinque anni di reclusione per l’ex gip Vincenzo Cristiano, 50 anni, originario di Napoli, e quattro anni e otto mesi per l’imprenditore olbiese Manuel Spano, 40 anni, accusati di corruzione in atti giudiziari. Così ha deciso il collegio dei giudici del tribunale di Roma presieduto da Anna Maria Pazienza che aveva rinviato a ieri la lettura del dispositivo dopo l’udienza fiume di una settimana fa. Pene meno severe rispetto a quelle sollecitate dal pubblico ministero Stefano Rocco Fava che aveva chiesto 7 anni di reclusione per Cristiano e 6 anni e 6 mesi per Spano. Per il magistrato è stata dichiarata anche l’estinzione del rapporto di lavoro quale pena accessoria. Il che significa che, qualora dovesse essere condannato definitivamente, sarebbe radiato dalla magistratura.

La sentenza. Sono più o meno le dieci del mattino quando nell’aula del tribunale capitolino – competente sulla vicenda che riguarda il magistrato napoletano, in servizio a Tempio fino al 2016 – arriva la sentenza a circa un anno e mezzo dall’inizio del processo con rito immediato. Un pugno nello stomaco per gli imputati – in aula c’era solo Manuel Spano – e le difese. Fino all’ultimo istante avevano creduto nell’assoluzione. Ma così non è stato. È un colpo duro. «Confidavo in una sentenza di assoluzione piena. Ringrazio tutte le persone che in questo momento mi hanno dimostrato affetto e vicinanza. So di essere innocente e per questo motivo lotterò perché giustizia venga fatta», commenta, visibilmente provato Manuel Spano, all’uscita dal tribunale.

L’accusa e la difesa. Per i giudici romani, che hanno condiviso l’impianto accusatorio del pubblico ministero Stefano Rocco Fava, il giudice è corrotto e il corruttore è Spano. E la corruzione è consistita nell’aver ricevuto regali, le cosiddette “indebite utilità” dall’imprenditore olbiese dopo una sentenza a lui favorevole (era stato assolto in un procedimento per stalking). Oggetti di contestazione, il prestito di due furgoni, il dono di un computer e l’aiuto dato da Spano all’ex gip per recuperare la refurtiva rubata a casa sua. Le tesi difensive hanno cercato di smontare l’accusa e di dimostrare tutt’altro. Che i furgoni erano stati prestati ad una terza persona e non a Cristiano, che la refurtiva rubata a casa di Cristiano era stata recuperata da un parente del ladro e non da Spano, e che il macbook era stato regalato dall’imprenditore olbiese al magistrato napoletano in un reciproco scambio di doni natalizi. Niente da fare. Per i giudici capitolini, la corruzione c’è stata. Bisognerà ora attendere le motivazioni per capire le ragioni della sentenza di condanna.

I commenti. Il verdetto ha lasciato sconcertate le difese. Che annunciano fin d’ora appello.

«Siamo allibiti ed esterrefatti da questa decisione perché spogliandoci dalla nostra veste di parte, abbiamo valutato le risultanze per quelle che erano e ritenevamo che, sulla base di quelle risultanze, non potesse arrivare una sentenza di condanna – commenta a caldo l’avvocato Giovanni Azzena che, insieme all’avvocato Franco Luigi Satta, difende Cristiano –. È un giudice corretto e perbene, e questo lo dimostrano anche le carte. Ogni altro commento lo faremo quando conosceremo le motivazioni della sentenza. Per il momento, possiamo solo dire che siamo veramente afflitti e allibiti».

Rincara la dose l’avvocato Franco Luigi Satta: «Se la magistratura giudicante è questa, non mi pento di averla abbandonata quarant’anni fa perché significa che ero stato molto preveggente». Dure anche le parole dei difensori di Manuel Spano, gli avvocati Guido Da Tome e Antonello Desini. «Ingiustizia è stata fatta. È una condanna basata sulla scorta di meri sospetti e illazioni gratuite, smontate nel dibattimento».



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