La Nuova Sardegna

Il pm: «Cappellacci era il dominus di un’operazione illegale»

di Mauro Lissia
Ugo Cappellacci
Ugo Cappellacci

Il gip conferma le accuse di corruzione e peculato ma dice no all’arresto nell'ambito dell'inchiesta Ingenium

18 ottobre 2018
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CAGLIARI. Ugo Cappellacci era il dominus, il deus ex machina dell’operazione di finanziamento con soldi pubblici riferiti al Fondo Ingenium della società Fm Fabbricazioni metalliche dell’amico Flavio Mallus, una società in stato prefallimentare che non poteva aver diritto ad alcun prestito pubblico. A sostenerlo è il gip Giuseppe Pintori nell’ordinanza con la quale conferma i «gravi indizi di colpevolezza» a carico dell’ex governatore per i reati di corruzione e peculato, conferma che Cappellacci avrebbe incassato attraverso una società costituita per utilità private una «tangente di 80 mila euro» dallo stesso Mallus ma respinge la richiesta di arresto avanzata dai pm Emanuele Secci e Diana Lecca perché l’ex presidente è ormai privo di potere di influenza sugli uffici regionali e nelle vesti di parlamentare di minoranza non esiste il rischio che il coordinatore di Forza Italia possa reiterare i reati o inquinare le prove.

Il gip ha invece accolto le richieste di misura cautelare per Flavio Mallus e Roberto Bonanni, il primo imprenditore “salvato” dal fallimento grazie al prestito pubblico e il secondo manager che doveva controllare il diritto della Fm a ricevere i primi 750 mila euro del finanziamento. Mallus è in carcere a Uta, Bonanni agli arresti domiciliari. L’altra novità è che gli indagati da nove sono diventati dieci: compare il nome del notissimo commercialista cagliaritano Sergio Vacca, accusato di falso in attestazioni perché avrebbe edulcorato la situazione disastrosa della Fm.

Gli altri indagati sono la consigliera regionale Alessandra Zedda, i commercialisti colleghi nello studio di Cappellacci Piero Sanna Randaccio e Tonino Tilocca, quest’ultimo ex presidente della Sfirs e dal 2016 a capo della Fondazione Dinamo. Quindi Fabio Sanna e Carlo Alberto Zualdi, amministratore e liquidatore della Fm, mentre sul commercialista Carlo Dessalvi - scrive il gip - non sussistono gravi indizi di colpevolezza. L’accusa di corruzione è ipotizzata per Cappellacci, Sanna Randaccio, Tilocca e Mallus, quella di peculato è condivisa con Zedda, Bonanni, Sanna Randaccio e Tilocca, mentre Mallus deve rispondere anche di truffa e di bancarotta, quest’ultima accusa estesa a Sanna Randaccio, Zualdi e Bonanni.

Tutto ruota attorno al bando della programmazione regionale, anno 2009, per gestire il fondo “Ingenium Sardegna” cui la società Zernike aveva partecipato in perfetta solitudine. Si tratta di 17 milioni cofinanziati in parte dalla Regione e destinati ad aiutare imprese impegnate in progetti innovativi purché avessero conti in ordine e bilanci in equilibrio. Fallita la Fm, la polizia tributaria decide di dare un’occhiata all’insieme delle pratiche di finanziamento per scoprire subito che i criteri sono stati rispettati solo in parte: alcune imprese non avevano i requisiti previsti dal Por 2007-2013.

Le tracce portano a Cappellacci, il cui studio viene perquisito su ipotesi di truffa. Tra documenti sequestrati e testimonianze, gli investigatori ricostruiscono i passaggi del prestito concesso alla Fm attraverso la Zernike e sostengono che a fare pressioni su Bonanni perché all’ormai decotta Fm arrivassero i 750 mila euro sarebbe stato Cappellacci. I passaggi successivi, nell’ipotesi accusatoria, riguarderebbero Alessandra Zedda, difesa da Agostinangelo Marras, chiamata in causa per essersi interessata da assessore regionale all’industria alla vicenda Fm. La colpa di Sanna Randaccio e Tilocca sarebbe quella di aver ideato l’imbroglio mettendo in contatto Mallus con Cappellacci.

In pillole: la Fm avrebbe incassato la somma grazie a un bilancio del 2011 addomesticato da Mallus per ottenere i soldi e ai buoni uffici degli amministratori di centrodestra. In cambio Mallus avrebbe versato la tangente alla “Omen”, acquisita da Sanna Randaccio per conto di Cappellacci, nascondendola alla voce “finanziamento soci”. La Omen, secondo il giudice, farebbe capo a Cappellacci e servirebbe a mascherare affari privati dell’ex governatore: oltre la presunta tangente, un appartamento in via dei Punici, due posti auto, una Porsche Carrera 911, una Bmw 740D da 86 mila euro ceduta poi fittiziamente all’amico Natale Ditel, suo ex consulente e oggi segretario dell’Autorità portuale.
 

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