La Nuova Sardegna

Proposta di legge bipartisan per tornare alle 8 Province

Proposta di legge bipartisan per tornare alle 8 Province

Maggioranza e opposizione unite nella battaglia, i Riformatori si oppongono Deriu, Pd: ora c’è una confusione amministrativa che danneggia i cittadini

18 ottobre 2018
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CAGLIARI. Basta con le quattro Province fantasma. A malapena sopravvivono, sono commissariate, senza un euro in cassa e dalla loro forse hanno un’unica speranza: essere rianimate fra qualche mese da delle elezioni in cui però voteranno solo sindaci e consiglieri comunali. «No, meglio ritornare al passato», è scritto in una proposta di legge trasversale, in cui sono stati ri-accorpati i territori di una volta. Da quello di Sassari, 66 Comuni, alla Gallura, 26, da Nuoro, 52, all’Ogliastra, 22, da Oristano, 87, a Carbonia-Iglesias, 23, al Medio Campidano, 28, fino a quella del Sud, con la novità di Isili capoluogo per 56 Municipi. Più la Città metropolitana di Cagliari, che continuerà a fare storia a sé.

Progetto condiviso. La proposta è stata presentata da diversi partiti della maggioranza e dell’opposizione in Regione: Mdp, Pd, Upc, Fdi, Rossomori e Psd’Az. Insieme hanno rispolverato la cartina geografica conosciuta dai sardi prima del referendum regionale del 2012. È quello con cui gli elettori votarono a favore della cancellazione di tutte le Province, quelle scritte nella Costituzione, quelle quasi costituzionali, come Oristano, e le ultime quattro (Gallura, Ogliastra, Gallura e Medio Campidano) nate appena undici anni prima.

Dopo il caos. Però il vero putiferio è scoppiato quattro anni dopo e all’indomani del referendum costituzionale del 2016, quello di Renzi. Il quesito che aboliva una volta per tutte le Province, cancellandole dalla faccia della Repubblica, si sa è stato bocciato nei seggi. Ed è proprio da quel momento in poi che le Province hanno cominciato a galleggiare nel nulla. «Basta, è arrivato il momento di farle rinascere e dovranno essere otto», ha detto Luca Pizzuto di Mdp, il primo ad aver firmato la nuova mappa degli «enti intermedi», per dirla con i burocrati. Ma questa volta con i Consigli provinciali eletti a suffragio universale, non più dai sindaci, perché «la Sardegna – ha aggiunto – vuole sapere davvero chi si occupa della manutenzione delle scuole, delle strade e dell’ambiente. Il compito è stato scaricato sui Comuni, che non ce la fanno».

Legge da cambiare. È la riforma degli enti locali votata nel 2016, a febbraio, dal Consiglio regionale. Allora erano tutti convinti che di lì a qualche mese, a dicembre, sarebbe passato il referendum costituzionale: così non è stato. «È una legge, quella regionale, che andava bene in quella stagione e con quella prospettiva», ha detto Roberto Deriu del Pd, che a ragione s’è definito un provinciologo, cioè il miglior conoscitore della storia delle Province. «Ora serve un’altra svolta – ha aggiunto – per uscire da una confusione istituzionale, politica e amministrativa che ha provocato solo danni ai cittadini».

Vertenza da aprire. «Con lo Stato di sicuro – ha sottolineato Franco Sabatini del Pd – perché dal 2011 ha scippato ogni anno ben 400 milioni di finanziamenti alle nostre Province, lasciandole solo con una cinquantina di milioni. Se la Regione non ci avesse messo una pezza, sarebbero tutte fallite».

Rivendicazione dei territori. È dal basso – ha aggiunto Daniele Cocco di Mdp – che «parte la nostra proposta, perché oggi i territori hanno bisogno d’identificarsi di nuovo in un’amministrazione sovracomunale, pensiamo alla Gallura e all’Ogliastra». Secondo Eugenio Lai di Mdp – «sono soprattutto i cittadini a essersi ricreduti sulla necessità che alcuni servizi essenziali siano di nuovo certi e sicuri». Per poi mettere le mani avanti sui costi dell’eventuale riesumazione istituzionale: «I Consigli saranno formati massimo da dieci eletti più il presidente».

No secco. «Il piccolo mondo della politica sarda di centrosinistra, al quale nel 2012 è stato tolto a furor di popolo il giocattolo delle Province, prova a riappropriarsi delle poltrone perdute», è stata questa la dura reazione da parte dei Riformatori, i promotori del referendum taglia- Province di sei anni fa.

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