La Nuova Sardegna

Delitto del lago, un abisso di tremenda indifferenza

Paola Soriga
Il momento del rinvenimento del cadavere
Il momento del rinvenimento del cadavere

«Il mio sguardo si è fermato su un dettaglio: su di lei, che ha diciassette anni e non sappiamo ancora che ruolo abbia avuto, che piange dentro la macchina mentre gli amici ammazzano un loro coetaneo, amico o conoscente o chissà cosa» - IL COMMENTO

20 ottobre 2018
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Lei, da sola in macchina, piange, con i singhiozzi. Ha diciassette anni. I suoi amici, coetanei o poco più, sono scesi con in mano una corda e una pala. Con loro c’è Manuel, un ragazzo di diciotto anni, amico o conoscente; stanno andando ad ammazzarlo. Il mio sguardo, il mio provare a guardare questa storia da vicino, si ferma con lei. Non scende dalla macchina con i ragazzi, non segue le mani che hanno afferrato una corda e una pala. La campagna che sfiora il paese, il cielo di settembre. Resta con lei a piangere e farsi le domande che arrivano troppo tardi. Mi sembra che sia una storia di cui sappiamo molto eppure quasi nulla. Dalle parole che i ragazzi hanno iniziato a dire da quando sono stati arrestati, per il momento sembra che Manuel le vendesse il fumo, che lei gli dovesse dei soldi che non voleva dargli e che lui fosse andato a cercarla a casa sua, o forse l’ha detto a sua madre, in ogni caso ha messo in mezzo i genitori, le famiglie. Non sappiamo niente del prima, delle relazioni fra di loro, in gruppo e singolarmente.

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Se mi fermo a pensare a questo, posto che questo sia vero, penso che comprare il fumo da un ragazzo o una ragazza che sono tuoi amici, o potrebbero esserlo, in paese o andare a comprarlo nel paese accanto è la normalità, così come tanti ragazze e ragazzi che verrebbero definiti normali lo vendono. È quello che fanno tutti quelli che fumano, in un paese, come l'Italia, in cui fuma il 21,5% della popolazione, a qualunque età. Dove le droghe leggere sono illegali e circondate da preconcetti e timori che possono diventare terrore puro per alcuni, soprattutto per alcuni genitori. E il terrore di quello che dirà la gente. Drogata, diranno. E altro aggiungeranno, inventeranno. In più è una ragazza, già sarebbe grave un figlio drogato, una figlia, cessu cessu. E le scelte e le cose che fanno i figli a quell'età sembra saranno per sempre. E a quell'età ti sembra le cose possono diventare gravi come i buchi neri, apparire immutabili e definitive. Non si trovano le parole per commentare una storia così violenta, così triste, dal di fuori soprattutto.

Il mio sguardo si è fermato su un dettaglio: su di lei, che ha diciassette anni e non sappiamo ancora che ruolo abbia avuto, che piange dentro la macchina mentre gli amici ammazzano un loro coetaneo, amico o conoscente o chissà cosa. Mi sembra che non sminuisca l'importanza di riflettere sulla violenza, sulle vite adolescenti in questi tempi nostri, sul rapporto con i soldi, la vita come un video gioco, la balentìa, la solitudine e le tante questioni che entrano in questa storia così tremenda, così triste, provare a riflettere anche sul contesto in cui i ragazzi vivono, su quello che noi, gli adulti, raccontiamo loro, sul mondo che offriamo loro.

Poi sappiamo, di lei, che, come gli altri, ha vissuto giorni e notti senza parlare mai di quello che era successo, di quello che avevano fatto. Non sappiamo come ci erano arrivati, a fare quello che hanno fatto. Sappiamo che i suoi amici dopo sono tornati in macchina e uno, quello più grande, quello che forse pare ma nemmeno questo sappiamo davvero, è il suo fidanzato, sappiamo che dice: "Dovevi vedere per credere? Io me la rido perché non me ne frega un c... eh vabbè". Sappiamo che il giorno dopo lei gli chiede "lo uccidiamo?", riferendosi a un amico che sapeva tutto. Non sappiamo cosa c'è dietro a quella domanda, se solo la freddezza che appare o l'ansia e il nervoso e la paura e la vergogna. Non sappiamo nemmeno del rapporto fra Christian e Manuel; se non gliene fregava allora perché l'ha ucciso? Quello che ora viene raccontato come movente, il debito per droga, non racconta in realtà nulla. Anche se raccontare poi non si sa bene a cosa serva, se non serve a cambiare le cose, non serve nemmeno a farle meno orrende, meno, queste sì, definitive.

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