La Nuova Sardegna

Ergastolo per Cubeddu, silenzio a Orune. Il sindaco: c’è solo dolore

di Giusy Ferreli
Ergastolo per Cubeddu, silenzio a Orune. Il sindaco: c’è solo dolore

Il padre di Monni in servizio alla Croce verde: lì davanti fu ucciso il figlio

22 ottobre 2018
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INVIATA A ORUNE. La sentenza di colpevolezza che sabato pomeriggio ha stabilito la condanna all’ergastolo per Alberto Cubeddu accompagna il risveglio di Orune. Il dolore scivola via silenzioso in una bella giornata di sole che sembra un inno alla vita. E la vita continua per il padre di Gianluca Monni, lo studente orunese ucciso a 19 anni mentre aspettava l’autobus per andare a scuola a Nuoro.

L’uomo, ieri mattina, ha svolto normalmente il suo turno da volontario nella sede della Croce Verde di corso Repubblica. Salvatore Angelo Monni, divisa d’ordinanza arancione, per qualche minuto esce sul balcone che si affaccia sulla strada principale del paese, a pochi metri dai gradini dove suo figlio Gianluca è stato freddato con tre colpi di fucile calibro 12 in un’altra mattina soleggiata, nel maggio del 2015. Lì affonda, in silenzio, lo sguardo. In questi tre anni dalla sua bocca, e da quella della moglie Rita Gaddeo, non è mai uscita una parola se non quell’invocazione dolorosa a pochi minuti dalla lettura del dispositivo da parte del presidente della Corte d’assise, Giorgio Cannas, in un’aula carica di tensione. E anche ieri non ha rotto il riserbo che ha fatto da scudo alla famiglia Monni. Scambia due chiacchiere con i suoi colleghi e rientra nella locali che ospitano gli operatori del soccorso, gli stessi volontari che furono tra i primi a intervenire la mattina dell’8 maggio per prestare aiuto al ragazzo agonizzante.

La vita continua a Orune, non solo per i familiari del ragazzo ma anche per la comunità. All’indomani della condanna di Cubeddu, ritenuto dai giudici l’esecutore materiale dell’omicidio dello studente 19enne ucciso per lavare l’onta del pestaggio subito dal cugino, Paolo Enrico Pinna, in occasione di una rissa avvenuta durante Cortes apertas, il paese, per una fortuita concomitanza, celebra una ricorrenza molto sentita: il cambio della “pandera”. Il gonfalone con l’effige della Madonna del Carmelo, veneratissima in paese, viene portato in corteo poco prima dell’una dalla casa del vecchio priore a quella del nuovo. La consegna della “pandera” è circondata da un’aura di sacralità. E nessuno, in questa circostanza, ha voglia di affidare le proprie riflessioni a un cronista. E soprattutto nessuno ha intenzione di commentare una sentenza che il sindaco Pietro Deiana, l’unico a spendere due parole sul risvolto giudiziario tanto atteso dall’opinione pubblica, ritiene sia stata vissuta serenamente. «Il paese intero aspettava l’evolversi della vicenda processuale di un fatto che ha colpito nel profondo tutti quanti, un fatto tragico che ha spezzato una giovane vita» osserva il primo cittadino orunese. «La mia comunità ha accolto con serenità il verdetto» dice ancora Pietro Deiana che ha appreso della condanna pronunciata dal presidente della Corte d’assise di Nuoro ieri mattina. Orune continua a piangere la vita spezzata di Gianluca che, come disse la madre della sua fidanzatina «era il figlio che ogni genitore vorrebbe avere», e lo fa in silenzio.

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