La Nuova Sardegna

l’iter burocratico 

Ci sono voluti 30 anni per realizzare il progetto

Ci sono voluti 30 anni per realizzare il progetto

FONNI. Un piccolo gioiello nel cuore della Sardegna. L’impianto di risalita di ultima generazione del Bruncuspina sarà, una volta ultimato, l’unica seggiovia dell’isola. I tre chilometri e mezzo di...

29 ottobre 2018
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FONNI. Un piccolo gioiello nel cuore della Sardegna. L’impianto di risalita di ultima generazione del Bruncuspina sarà, una volta ultimato, l’unica seggiovia dell’isola. I tre chilometri e mezzo di piste delle altre località sciistiche sarde (Monte Spada, S’Arena e Sparadorgiu) sono serviti esclusivamente da manovie e skilift. La ditta Cualbu, che si è aggiudicata l’appalto assieme a un’impresa piemontese è già a buon punto.

Obiettivo del piano: la messa in sicurezza delle piste da sci, il rifacimento del rifugio e la sostituzione della sciovia con la seggiovia, che renderà più sicuro e moderno l’impianto di risalita. Eppure mai storia fu più travagliata di quella del Piano neve di Fonni. L’idea di realizzare una stazione sciistica nel territorio di Fonni, dove da anni è presente l’attivissimo Sci club Bruncuspina, risale nientemeno che a metà degli anni ottanta. Nel 1984 ci pensò la giunta regionale guidata da Angelino Rojch a varare il primo piano con lo stanziamento 7 miliardi di lire attraverso il Piano di rinascita e fondi per le zone interne. Ma non se ne fece nulla. Un secondo progetto di sviluppo del comprensorio sciistico nei comuni di Fonni e Desulo risale al 1995. In quell’occasione fu l’esecutivo guidato da Federico Palomba a stanziare 8 miliardi. Ma lungaggini burocratiche e qualche dissidio di troppo tra le due amministrazioni comunali portarono alla perenzione dei fondi che vennero recuperati nel 2008 dalla giunta Soru. Da allora in poi altre vicissitudini hanno caratterizzato il percorso del piano di sviluppo del Bruncuspina sino all’appalto del Comune e all’inizio dei lavori nell’estate dello scorso anno.

L’intervento è a buon punto. Bisogna solo pensare alle modalità di gestione. E non ci si può sbagliare. Lo scotto da pagare sarebbe troppo alto. Trent’anni di attesa non posso essere vanificati da un fallimento che scriverebbe davvero al parola fine sulle velleità di sviluppo del turismo nelle zone dell’interno. (g.f.)

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