La Nuova Sardegna

Pigliaru carica il Pd: la partita è tutta aperta

Pigliaru carica il Pd: la partita è tutta aperta

Il governatore lascia intendere che non si ricandiderà: ma voglio aiutare il centrosinistra a vincere

30 ottobre 2018
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CAGLIARI. L’iscritto Francesco Pigliaru all’assemblea provinciale del Pd, da marzo è il suo partito, si è presentato con un quadernetto tecnologico. Il governatore lo riempirà di appunti e fin qui nulla di nuovo: lo fa sempre in ogni riunione. Ma non può essere certo un caso il colore della copertina del Moleskine 2.0: è di un rosso vivo e accesso. È un segnale. È un elemento storico ritrovato, il rosso, e non può che far bene allo spirito. Soprattutto a questo Pd ancora alla ricerca di un’identità dopo l’ultima batosta elettorale. Ma che soprattutto vuole ritornare a essere «appetibile – dirà il segretario regionale Emanuele Cani – per tutta la nuova coalizione che si presenterà alle Regionali di febbraio».

L’intervento. Pigliaru ha parlato a braccio e con passione a chi «deve recuperare in fretta l’orgoglio di appartenere al Partito democratico sardo». Poi ha aggiunto: «Oggi non pensatemi come possibile candidato nel 2019, ma come chi, in questi prossimi mesi, vuole portare la navicella del centrosinistra in un porto più sicuro di quello da cui è partita anni fa». Non ha svelato, in sostanza, se sta pensando ancora a un secondo mandato. Forse no, però sono sembrate chiare le intenzioni politiche: vuole lasciare in dote, all’alleanza vittoriosa nel 2014, «le tante cose fatte, molte buone, altre meno o in ritardo, ma di sicuro abbiamo mantenuto gli impegni che avevamo preso con gli elettori».

Il cammino. Poi ha detto con forza: «Non ci siamo fermati alle promesse, agli annunci. Abbiamo prodotto fatti». Alcuni gli ha elencato e fra tutti: l’aver ridotto di dieci punti la disoccupazione giovanile, oppure essere stata la prima regione ad aver pensato e realizzato un reddito di cittadinanza «non incentrato sull’assistenzialismo ma sulla possibilità di restituire la dignità del lavoro a chi lo ha perso».

Il partito che vorrei. Pigliaru ha parlato molto anche del Pd. «Al nostro interno dobbiamo ritrovare il senso di comunità in cui dev’essere ritornare a esser forte la consapevolezza del cammino percorso non solo dalla mia, dalla nostra giunta, ma dall’intero partito e dalla maggioranza di centrosinistra che ha governato la Regione. Siamo pronti all’autocritica e ad accettare le critiche, ma non dobbiamo più flagellarci» Il governatore sa bene che, in questi anni, più volte non è riuscito a comunicare con efficacia quanto è stato fatto. «Bene – ha detto – è arrivato il momento in cui tutti insieme dobbiamo saper raccontare, senza più balbettare, che Sardegna abbiamo votato e che Sardegna migliore riconsegneremo fra qualche mese agli elettori». Se ci sarà questo ritrovato gioco di squadra – ha aggiunto – «possiamo farcela a rivincere le elezioni e continuare in quel percorso appena cominciato».

La sfida. Secondo il governatore, «la partita è ancora tutta aperta. Sarà dura, ma di sicuro dobbiamo avere la consapevolezza che non partiamo certo battuti». Poco prima un giovane iscritto – Matteo Garau, vent’anni del circolo di Orroli – aveva detto: «Dobbiamo aver presente chi è e sarà ancora il nostro nemico. Non può essere certo la nostra Giunta regionale, ma chi semina e seminerà l’odio in Italia e in Sardegna», con un chiaro riferimento alla Lega e al centrodestra. Mentre in un altro intervento era stato Bruno Orrù, ottant’anni, a dire: «Sono pronto a ritornare in piazza e nelle piazze per fermare gli ultimi venditori di illusioni e che sono riusciti a prendersi buona parte del nostro elettorato anche per colpa degli errori del Pd», riferendosi stavolta ai Cinque stelle.

Il documento. In quello finale della direzione provinciale di Cagliari c’è scritto in una delle prime pagine: «Tutti i nostri sforzi e tutto il nostro impegno non sono stati sufficienti a fermare la destra populista, ma un Partito democratico non più litigioso e che riprende a dialogare con la gente può ritornare a essere, insieme a vecchi e nuovi alleati, l’unica e vera alternativa a questa ultima e pericolosa deriva a cominciare dalle elezioni regionali». (ua)

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