La Nuova Sardegna

«Ho ucciso l’ex legionario per me nessuna medaglia»

di Luca Urgu
«Ho ucciso l’ex legionario per me nessuna medaglia»

L’ex poliziotto Virgona sparò ad Atienza a Osposidda: ha fatto causa al Ministero «I miei due colleghi morirono, io mi salvai ma la mia vita fu segnata per sempre»

06 novembre 2018
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NUORO. Una causa al Ministero per ottenere a distanza di 51 anni il riconoscimento di vittima del dovere. Nonostante sia passato mezzo secolo da quel conflitto a fuoco in cui morirono due suoi colleghi e per sua mano il latitante spagnolo Miguel Atienza, l’ex poliziotto Giuseppe Virgona, oggi 76 anni, non ha mai dimenticato quell’infinita e terribile giornata.

Fu lui stesso il 17 giugno del 1967 quando infuriava la battaglia nella vallata di Osposidda, tra Orgosolo e Oliena, ad uccidere l’ex legionario spagnolo, che si trovava assieme a Graziano Mesina. Invece i suoi due giovani colleghi, i siciliani Ciavola e Grassia, rimasero esanimi sul terreno, colpiti a morte dal fuoco nemico. Tutti e tre vennero recuperati solo l’indomani mattina da quei rinforzi che attendevano ma come dice l’ex poliziotto “non arrivarono mai”.

Si trattava di tre giovani poliziotti giunti in Sardegna dal reparto celere di Padova. Facevano parte dei Baschi Blu, la forza che allora il governo decise di inviare in Sardegna per combattere i banditi in una stagione terribile costellata di numerosi sequestri di persona e di varie bande. Quel giorno facevano parte di una pattuglia di cinque persone (inizialmente c’erano anche il brigadiere Martinelli e l’agente Cellamare), impegnata a perlustrare una zona impervia.

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Qui l’incontro ravvicinato con Mesina e Atienza che il plotone di Giuseppe Virgona intercettò a Osposidda dove scoppiò una furiosa e sanguinosa battaglia. Giuseppe Virgona, ancora oggi a distanza di 51 anni, da quell’episodio che gli ha segnato per sempre l’esistenza, si sente un sopravvissuto, ma soprattutto avverte di essere stato abbandonato dallo Stato e dalla stessa Polizia, la cui divisa ha indossato per vent’anni. «Ho chiesto e ottenuto di venire congedato con il minimo della pensione, ormai deluso e nauseato per tutto quello che mi accadeva intorno”, dice. L’uomo, originario di Arzachena, e che oggi vive con sua moglie Rosalia a La Maddalena, chiede di avere “una giustizia che non ha mai avuto”.

Per questo lo scorso anno ha avviato una causa con il ministero dell’Interno per ottenere lo status di vittima del dovere (ai sensi della legge 23/12/2005 n. 266 e del d.p.r. 7/07/2006 n. 243). Anche perché dopo quel conflitto iniziato alle cinque del pomeriggio e durato per tutta la notte i suoi traumi non furono solo al ginocchio ma iniziò a soffrire di ansia e depressione. Disturbo per il quale è tuttora in cura. Il procedimento per conto dell’ex poliziotto è stato istruito dagli avvocati Carlo Selis e Lorena Soro del foro di Tempio e una nuova udienza davanti al Giudice del Lavoro è prevista per la mattina dell’11 dicembre. In pratica si tratta di un ricorso che si oppone all’esito negativo già formulato dal Dipartimento di Pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno sia attraverso due verbali e mediante un parere.

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Atti attraverso i quali nega a Virgona i requisiti ai fini del riconoscimento del diritto di accedere ai benefici previsti dalla legge ovvero un’integrazione alla pensione e alcuni sgravi fiscali. Questo perché il Ministero non ritiene che l’ex poliziotto avesse lesioni suscettibili di valutazione dai fatti richiamati, ovvero dal conflitto di Osposidda e malgrado la Prefettura di Nuoro aveva concluso con un parere a favore dell'attribuzione dello status di vittima del dovere a Virgona a seguito dell'istruttoria basata sulle diverse relazioni sull'accaduto e sulla documentazione medica.

«Per me non c’è stata nemmeno una medaglia di cartone, non un grazie. Eppure in quel conflitto ho resistito sino alla fine. Ho trascorso l’intera notte accanto ai miei poveri colleghi agonizzanti. Sento ancora lo strazio delle loro voci che chiamavano le madri. Ho provato anche a trascinarli, ma era impossibile. Sono rimasto là da solo con loro. E con tutta la nostra disperazione. Ripeto, quel giorno noi tre siamo stati abbandonati al nostro destino. Avevamo anche finito le munizioni mentre loro avevano armi decisamente più potenti delle nostre. Sono ancora oggi convinto che potevano essere salvati se fosse arrivato qualcuno a soccorrerci», aggiunge in maniera accalorata Virgona che ribadisce poi quanto già detto in passato. «Atienza è stato ucciso da me. Lo sanno tutti e io stesso l’ho ribadito più volte. Detto questo vorrei ancora capire dopo tutto questo tempo quale è stata la mia colpa verso i superiori. Quella di essere rimasto vivo o di aver ucciso il bandito?», si chiede dopo aver visto e sentito intorno a lui tanto ostracismo e diffidenza.

Il latitante spagnolo aveva una taglia di 5 milioni di lire, Graziano Mesina invece di 15. «La mattina dopo il conflitto venni ricoverato all’ospedale di Nuoro. Avevo dolori ad un ginocchio in seguito a una caduta della notte prima per schivare le pallottole. Rimasi ricoverato per una settimana poi mi venne assegnata una convalescenza di 90 giorni», spiega. «Al termine dei tre mesi ho ripreso regolarmente il servizio anche perché all’epoca ero in ferma volontaria di tre anni. Ero un agente di primo pelo, come tanti altri. Ero solo un ragazzo di 22 anni mandato in prima linea», aggiunge Virgona. «Il comando ha premiato con la medaglia d’oro al valore militare i due colleghi deceduti. E lo ha fatto giustamente, so che sono arrivati i riconoscimenti per gli altri due colleghi che erano andati a chiamare quei rinforzi mai arrivati. L’unico escluso sono stato io», sottolinea l’ex poliziotto che alla fine della convalescenza era tornato nel reparto di appartenenza di Padova. Poi il trasferimento in Sicilia a Caltanissetta, ancora in Sardegna a Cagliari, di nuovo a Nuoro nel 1972 ed infine nella questura di Sassari dove ha chiuso la carriera nel 1983.
 

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