La Nuova Sardegna

La Sardegna cresce al rallentatore, ma crolla l’agricoltura

di Claudio Zoccheddu
La Sardegna cresce al rallentatore, ma crolla l’agricoltura

Segnali di ripresa da Pil, più 1,9 per cento, settore edile e industriale. Sempre meno lavoratori nei campi e il 23,5 per cento dei sardi non è occupato 

09 novembre 2018
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SASSARI. Ci sono segni di ripresa ma il segno più è labile, meno marcato che nelle regioni del Nord. L’isola si stacca dal resto delle regioni del Mezzogiorno quando si parla di crescita del prodotto interno lordo mettendo a referto un incremento dell’1,9 per cento, secondo al Sud solo a quello della Calabria (+2%) ma staccatissimo dai parametri registrati in regioni come Trentino, Valle d’Aosta, Lombardia. I dati sono relativi al 2017 e arrivano dal rapporto Svimez presentato ieri a Roma.

Residenti e lavoro. Il numero dei residenti è stabile e dal 2016 è calato di 5mila unità. Un dato in controtendenza con il resto del Mezzogiorno dove, evidentemente, l’emigrazione ha un peso maggiore. I sardi nel 2017 erano 1 milione e 648mila mentre nel biennio 2016/2017 nel Sud sono stati registrati 146mila abitanti in meno. Il settore lavorativo che ha sofferto di più, e anche l’unico segnalato in calo, è quello agricolo: nel 2016 impegnava 41mila lavoratori mente l’anno dopo erano appena 37mila. Nel 2008, l’anno prima della crisi economica globale i lavoratori sardi dell’agricoltura erano invece 49mila. Nel 2017 gli occupati nel settore industriale sono invece cresciuti rispetto al 2016: erano 86mila e sono diventati 92mila. Anche il settore delle costruzioni ha ripreso un pizzico d’ossigeno aumentando la forza lavoro di 3mila unità. Nel 2016 i lavoratori edili erano 37mila e 600 mentre nel 2017 sono diventati 40mila e 800. Prima della crisi erano invece 64mila. Stabile, invece, il numero degli impiegati nel settore servizi: nel 2016 erano 462mila, l’anno dopo erano 464mila. Il totale degli occupati nell’isola, dunque, è cresciuto di appena 4mila unità.

Disoccupazione. Purtroppo la crescita dell’isola non ha portato tagli sostanziali alla popolazione dei disoccupati che, soprattutto nella fascia tra i 15 e i 24 anni, è drammaticamente alta. Nell’isola, infatti, il 46,8 per cento dei giovani non lavora. Certo, la percentuale è diminuita di 10 punti rispetto al 2016 ma resta comunque altissima. Restano sostanzialmente stabili i dati che riguardano la disoccupazione totale, il 17 per cento della forza lavoro sarda non ha un lavoro, e quelli dei due generi, gli uomini disoccupati sono il 16,9 per cento mentre le donne sono il 17,1. Il tasso di occupazione corretto – che include anche chi ha fatto lavori saltuari e chi lavora poche ore alla settima – è del 23,5 per cento. Inferiore di un punto rispetto al 2017 ma comunque altissimo. I disoccupati di lungo corso, invece, sono il 9,1 per cento della forza lavoro.

L’economia. I dati sono tutti in crescita. Anche in questo caso non si tratta di impennate o di balzi in avanti particolarmente significativi ma il segno più è una costante e non è poco se si considera il salto temporale di appena un anno, dal 2016 al 2017. Il prodotto interno loro, in milioni di euro, passa da 31.209 a 31.804. Cresce anche il prodotto pro capite: 18.850 milioni di euro nel 2016 che diventano 19.267 nel 2017. L’isola importa ed esporta di più. Le importazioni dall’estero valgono 6.772 milioni di euro (1.581 milioni in più rispetto al 2016) mentre le esportazioni valgono 5.380 milioni di euro (1.171 milioni in più rispetto al 2016). Tra il 2016 e il 2017 sono cresciuti anche i depositi bancari (21.370 milioni che fanno segnare un aumento di 538 milioni rispetto al 2016) mentre invece cala il peso dei prestiti che sono passati dai 26.683 milioni di euro del 2016 ai 26.573 del 2017. Cresce lievemente anche l’incidenza del valore aggiunto nell’industria, nelle costruzioni e nei servizi mentre cala quello dell’agricoltura.



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