La Nuova Sardegna

Erosione delle coste spiagge a rischio estinzione

di Claudio Zoccheddu
Erosione delle coste spiagge a rischio estinzione

Le emissioni di anidride carbonica in atmosfera alterano il Ph del mare  Le relazione è stata scoperta da un’équipe di ricercatori del Cnr di Oristano 

10 novembre 2018
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Il tempo a disposizione non è tantissimo e il conto alla rovescia è iniziato da tempo. Tra circa ottant’anni le coste e le spiagge della Sardegna potrebbero essere molto diverse da quelle che fanno gonfiare d’orgoglio il petto dei sardi e che vengono ammirate da milioni di turisti sognanti. Il responsabile della mutazione è il clima e questa volta chi lo dice non butta giù congetture catastrofiche da bar ma si basa sulla prima dimostrazione scientifica del legame tra le emissioni di Co2 in atmosfera, acidificazione del mare ed erosione delle spiagge. In parole povere: dune e spiagge della Sardegna, e del resto del Mediterraneo, sembrano destinate a ridursi drammaticamente e a lasciare spazio alle inondazioni. Ne pagheranno le conseguenze le coste del Sinis, in provincia di Oristano, ma anche le calette incantate dell’Arcipelago della Maddalena e in generale tutti quei lidi che possono contare sull’apporto della terra per conservarsi nel tempo.

La ricerca. «Da oggi al 2100 l’accumulo dei sedimenti alla base dei sistemi dunali mediterranei potrebbe calare del 31 per cento, con erosione delle spiagge e maggiori rischi di inondazioni – spiega Simone Simeone, ricercatore precario in attesa di stabilizzazione che ha coordinato un progetto realizzato dal Cnr di Oristano in collaborazione con l’università Cà Foscari di Venezia rappresenta dalla professoressa Emanuela Molinaroli. La ricerca, pubblicata sulla rivista Climatic Change, ha analizzato la catena di effetti innescati dall’aumento di Co2 sull’ambiente marino. La correlazione, però, potrebbe non essere chiara ai non addetti ai lavori: «I problemi maggiori saranno riscontrati nelle spiagge che non possono fare affidamento sull’apporto della terra che arriva, ad esempio, dai fiumi. In questi casi, come quello di San Giovanni di Sinis che abbiamo usato come modello, l’apporto dei sedimenti carbonatici è fondamentale per la sopravvivenza della spiaggia». Tecnicamente i sedimenti carbonatici sono “costituiti prevalentemente da carbonati di calcio e magnesio, precipitati direttamente dalle acque o derivati da resti di organismi viventi”. Gusci di riccio di mare, esoscheletri e altri prodotti marini che proliferano nelle praterie di posidonia e che soffrirebbero maledettamente gli effetti sul mare dell’innalzamento della temperatura globale innescata dalle emissioni di Co2 nell’atmosfera: «Questi sedimenti – aggiunge Simeone – potrebbero essere dissolti dall’acidità crescente dei mari: secondo studi recenti entro fine secolo il Ph marino potrebbe scendere di circa 0,4 unità. A provocare l’acidificazione degli oceani, come noto, è l’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera».E se le spiagge non saranno più al loro posto, quando il livello del mare si alzerà per colpa dell’aumento della temperatura globale – nello scenario peggiore sono previsti anche 1,30 metri di innalzamento delle acque –, allora le inondazioni saranno praticamente una costante al punto che modificheranno le geografia del Mediterraneo senza farsi alcuno scrupolo. Per evitare che il mare sommerga una buona parte delle zone costiere bisognerebbe limitare l’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera. Non è una novità, ci sono stati tanti appelli ma anche poche orecchie pronte ad ascoltare un grido d’aiuto che dovrebbe essere una priorità o, meglio, la priorità.

In Primo Piano
Il funerale

A Ittiri lacrime e rombo di motori per l’ultimo saluto a Sebastiano Pasquarelli

di Luca Fiori
Le nostre iniziative