La Nuova Sardegna

Consorzio agrario nel caos: licenziati 17 dipendenti

Antonello Palmas
Consorzio agrario nel caos: licenziati 17 dipendenti

Via il gruppo di lavoratori dopo un accordo tra i vertici e i sindacati. Presto una riunione sui restanti 28 posti da tagliare. Fatturato a picco

14 novembre 2018
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CAGLIARI. Prosegue la caduta libera dell’ex gioiello dell’agricoltura isolana: il Consorzio agrario di Sardegna (ma è ancora il caso di chiamarlo così?), dopo aver chiuso anche la sede strategica di Oristano, ha operato 17 dei 45 licenziamenti previsti in un piano di dimagrimento per fare fronte alla crisi. «Sono usciti dalla sede di Cagliari, l’unica rimasta, coloro che hanno accettato il licenziamento senza contestazioni – spiega il sindacalista del Sinalcap, Mariano Masala – allettati da un incentivo, rappresentato dal fatto di ricevere l’equivalente dei contributi che sarebbero dovuti andare all’Inps in caso di mancato accordo. Si tratta per lo più di operai, stanchi della situazione, alcuni dei quali si stavano già guardando intorno per un’occupazione alternativa. Per gli altri 28 posti da tagliare è previsto un altro incontro in data da definire». La liquidazione è stata rateizzata: un sesto subito e il rimanente ogni fine mese.

La scorsa estate è stata chiusa anche la sede di Oristano, dopo l’invio di un addetto all’inventario. La situazione finanziaria è gravissima: c’è chi attende da due anni il pagamento del grano conferito; quest’anno il fatturato sfiora a malapena i 9 milioni di euro, lo scorso anno fu di 46 milioni, praticamente dimezzato rispetto agli oltre 90 milioni di euro del 2012, quando il Consorzio agrario di Sardegna vantava una solidità eccezionale ed era davvero il traino dell’economia delle campagne. Allora il suo patrimonio netto era di 23,9 milioni di euro, al 31 dicembre 2017 è sceso a -4,4 milioni di euro. Insomma è svanito in poco tempo un patrimonio formato da utili e riserve, costituito in sessant’anni di attività (anche se il Consorzio sta per compiere i 100 anni, essendo stato creato nel 1921).

Una gestione che meriterebbe parecchie riflessioni, quella del gruppo entrato nel 2012 e che in pochi anni ha portato a un crollo verticale. In qualunque altra realtà, dopo quattro anni di richieste di sacrifici al personale con ben due contratti di solidarietà, il rischio licenziamento dietro l’angolo e i numeri in picchiata, ci si sarebbe aspettati le dimissioni del Cda e del collegio sindacale, con la nomina di un commissario governativo che avrebbe avviare l’esercizio provvisorio, con grosse possibilità di risolvere i problemi. Invece si è scelta la strada del concordato preventivo. Che vista la situazione e la fiducia ai minimi termini anche da parte delle banche appare a molti come l’anticamera di un fallimento.



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