La Nuova Sardegna

Roberta, l’architetta sassarese che realizza progetti di alta cucina

Giovanni Bua
Roberta, l’architetta sassarese che realizza progetti di alta cucina

28 anni, è tra le prime food designer italiane: la Sardegna dà poche possibilità ma sogno di ritornare qui

14 novembre 2018
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SASSARI. Prima di aprire una bottiglia d’acqua ha imparato a stapparne una di vino. Quello che il nonno produceva insieme all’olio nella sua piccola campagna. «Il più buono del mondo, diceva lui, anche se non era proprio vero». Come i più buoni del mondo erano, e questa volta sul serio, i piatti della nonna. Un imprinting al quale era davvero impossibile resistere. E che ha portato Roberta Doppiu, architetta sassarese di 28 anni, a trasformare il suo amore per il cibo in una particolarissima professione. La giovane «dal cuore sardo» è infatti una delle prime “food designer” italiane. Co-fondatrice nel 2018 di Wonderlab, una boutique agency a Milano, in “navigazione” nello sterminato mare del “cibo”.

«Quella del Food Designer è una figura nuova – racconta Roberta – in Italia si possono contare sulle dita di una mano. In estrema sintesi si tratta di generare nuovi prodotti legati al cibo. È un mix di diverse discipline come la biologia, la genetica, l’antropologia, la psicanalisi, la sociologia, la nutrizione, la ricerca sulla socialità e la storia dei sistemi culinari e delle forme di convivialità».

Un mondo in cui Roberta entra dopo la laurea in Architettura al Dadu di Alghero, un anno di lavoro nelle ferrovie a Sassari. E la continua sensazione di essere ancora “fuori fuoco”. «Parallelo a tutto quello che facevo correva sempre il mio amore per il cibo. Per cucinarlo, mangiarlo, parlarne, valorizzarlo. I miei studi di architettura mi avevano aperto un mondo fuori di me, c’era da collegarlo con il mondo che da sempre avevo dentro».

L’occasione è un master in Food Design and Innovation a Milano. «Costoso, esclusivo, meraviglioso – racconta Roberta –. Chiaramente non me lo potevo permettere, e inoltre avevo un lavoro. E qui la mia famiglia è stata decisiva. Mi hanno detto: se sei convinta buttati. Noi siamo con te». Detto fatto. Roberta molla le Ferrovie e per un anno frequenta il master, in lingua inglese, organizzato da Iulm e Spd, 1500 ore passate tra food experience e packaging passando per cultura enogastronomica, turismo, marketing e comunicazione. «Eravamo in 30, da tutti i paesi del mondo. Solo 5 italiani. E io, manco a dirlo, unica sarda». Dopo il diploma il tirocino di tre mesi con Vittorio Castellani, lo Chef Kumalé balzato agli onori della cronaca per aver abbandonato “sbattendo la porta” la Prova del Cuoco della Isoardi, troppo “sovranista” per i suoi gusti internazionali. Da lì il salto da cui non si torna indietro. «Sono rimasta a Milano – racconta Roberta Doppiu – e ho iniziato a lavorare come “food designer”. Che non è quella che si occupa dell’impiattamento delle pietanze o fa bellissime sculture sulle torte con il fondente. Molto di quello che faccio dipende dalla mia formazione di base, l’architettura e il design. Ma nell’ultimo anno mi sono specializzata nel campo della grafica e della composizione visuale finalizzate alla promozione di prodotti alimentari o di ristoranti, e di tutti i servizi e le attività che ruotano intorno al mondo del cibo. Posso aiutarti a promuovere la tua attività e l’enogastronomia del tuo territorio, valorizzando l’identità del tuo brand e costruendo una strategia ad hoc per raggiungere più persone».

Poi il passo successivo, l’incontro con Francesca Noè, milanese specializzata in comunicazione e blogger di successo. Insieme fondano il “Wonderlab” specializzato nel «cucire meraviglie attorno al brand dei nostri clienti». Clienti che arrivano. E nella nuova vita milanese, un cuore sardo che continua a battere. «Mi manca la mia terra – chiude Roberta – e mi rimane il sogno di riportare nell’Isola le mie competenze, per valorizzare al meglio le nostre e eccellenze. Però per ora mi sono dovuta scontrare con la nostra cocciutaggine, diffidenza, chiusura. Nell’aria profumata della mia terra purtroppo non si respira quel senso di possibilità, di scommessa, che Milano offre ad ogni angolo. Peccato perché in Sardegna la meraviglia è di casa. E prima o poi inizieremo a raccontarlo al mondo».

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