La Nuova Sardegna

PER LA LIBIA LA SOLUZIONE È LONTANA

di NICOLÒ MIGHELI

Il governo italiano, forte della delega americana, aveva annunciato la partecipazione di Trump, Putin e la Merkel. Macron no, stante la rivalità di costui con il governo giallo-verde di cui la Libia...

15 novembre 2018
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Il governo italiano, forte della delega americana, aveva annunciato la partecipazione di Trump, Putin e la Merkel. Macron no, stante la rivalità di costui con il governo giallo-verde di cui la Libia è solo uno dei punti più visibili. Si è peccato di ottimismo o si è stati incauti. La Germania è stata rappresentata da un sottosegretario, cosi come gli Usa. I russi hanno inviato il premier Medvedev così come le potenze mediorientali presenti all’incontro ai massimi livelli. Però sono le assenze dei partner tradizionali a segnare un isolamento italiano che non può essere supplito dalla Russia. Gli ultimi scontri militari importanti in Libia sono avvenuti ai primi di Settembre quando la Settima brigata tentò di conquistare Tripoli. Le divisioni restano tutte in attesa di nuovi confronti. Due governi.

Il primo riconosciuto dall’Onu presieduto da al-Serraj, appoggiato da Usa, Italia, Turchia e Qatar. Quello di Tobruk in Cirenaica, egemonizzato dall’esercito del maresciallo Haftar. Tobruk è appoggiata da Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia e Russia. 1750 gruppi armati, più o meno forti con alleanze che cambiano a seconda degli interessi. Italia e Francia in Libia sono rivali economico-politici, per entrambi la Libia resta importante. Le relazioni internazionali sono il luogo del chiaro scuro. Bisognerebbe capire, ad esempio, il ruolo minore che gli Usa hanno scelto.

Loro sembrano interessati solo al controllo dei gruppi jiadisti, di sicuro però pare non abbiano voglia di parteggiare per l’Italia o la Francia. Una posizione terza che ha le sue ragioni. Oggi l’Italia appare l’alleato più sicuro in Europa, mentre con la Francia vi sono altri interessi che vanno oltre l’attuale rivalità Trump Macron. Il controllo del Sahel ad esempio, la Siria. Bisognerebbe inoltre capire che rapporti intessono gli americani con Haftar che è loro concittadino, agli ordini della Cia è stato autore di due tentati golpe contro Gheddafi. Il summit di Palermo è andato bene o male, ci si chiede.

L’Italia come ne è uscita? A favore del governo, l’aver portato Haftar alla conferenza, anche se quest’ultimo non ha partecipato ai lavori ma si è limitato a incontri bilaterali. Pressato da Medvedev il maresciallo ha stretto la mano a al-Serraj e ha dato segno di disponibilità ad attendere i fatti futuri. “Non si cambia cavallo durante il guado” ha detto. È già molto, il militare non vuol essere escluso dai giochi e dalle lezioni previste per il 2019. L’assenza a quell’incontro di Turchia e Qatar, ha provocato l’abbandono della conferenza da parte dei turchi che hanno protestato ricordando che senza di loro nessuna pace potrà essere fatta. Un avvertimento che in quei luoghi sa di minaccia. Francia e Italia oltre alle rivalità pubbliche cercano di ritessere i rapporti. È scoppiata la pax petrolifera tra Eni e Total in Algeria, Libano ed Egitto. La Libia il prossimo passo? Il lavoro di ricostruzione dello Stato libico è enorme: disarmare le milizie, riunire le due banche centrali, creare un governo unitario, unificare i due parlamenti; fare in modo che in quel Paese finisca la rivalità intra-sunnita che vede Fratelli Musulmani da un parte e i laici panarabisti dall’altra, contenere l’estremismo jihadista. L’Italia ha bisogno dei partner europei, la Libia pacifica è interesse di tutti, solo che oggi l’Italia è più sola di prima. Bisognerà che se ne prenda atto. Nella conferenza non si è parlato di migranti. Il cinismo degli Stati non ha trovato il tempo. “De minimis non curat praetor”.



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