La Nuova Sardegna

Meteo estremo, danni e allarmi già dimenticati

Antonio Canu
Meteo estremo, danni e allarmi già dimenticati

Passata la tempesta non si parla più dei cambiamenti climatici provocati dall'uomo e del fatto che l'uomo è l'unico in grado di porvi rimedio- Fino al prossimo disastro

16 novembre 2018
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La quiete dopo la tempesta, ma non per scomodare il grande Leopardi. La quiete, perché dopo le ore successive al maltempo di qualche settimana fa, quando mezz'Italia è stata oggetto di violenti nubifragi e raffiche di vento mai viste, quando giustamente l'allarme sulla fragilità del territorio e sul clima che cambia era la prima notizia, ebbene, giorno dopo giorno, è calata l'attenzione. Non certo nei territori devastati dalla furia degli avvenimenti, dove si contano ancora danni su danni, ma nell'agenda dei temi d'attualità. Questo non significa che non si stia facendo nulla, ma certamente dopo quest'ennesima avvisaglia sui pericoli che corriamo quando si sprigionano i cosiddetti eventi meteo estremi, ben altro ci si attendeva. Altre e più concrete le risposte. Sono anni che sappiamo due cose: il clima sta cambiando e non si sta facendo abbastanza - anzi quasi nulla - per affrontarne le conseguenze. Al netto di qualche voce isolata che nega l'evidenza, il mondo scientifico ritiene che l'unico responsabile di questa situazione è l'uomo. E, ovviamente, l'uomo è anche l'unico che può porvi rimedio. Nelle forme a oggi praticabili, perché in realtà già siamo andati oltre certi limiti.

Ma ancora in tempo, per evitare il peggio. Possiamo quindi mitigare alcuni impatti e attrezzarci per conviverci. I contesti, li conosciamo. Nel Mediterraneo la temperatura si è alzata mediamente di 1,4 gradi centigradi, più della media mondiale. Questo vuol dire che nella nostra regione geografica i cambiamenti climatici crescono a un ritmo più veloce rispetto al resto del Pianeta. Gli scenari previsti, vedono le precipitazioni estive diminuire in modo sensibile, tra il 10 e il 30 per cento, a seconda dei luoghi. Ciò comporterà una perdita d'acqua disponibile e prolungati periodi di siccità. Gli eventi piovosi, al contrario, diventeranno più rari ma anche più violenti. L'altro contesto, riguarda il nostro territorio. Già fragile di suo per storia geologica, abbiamo fatto di tutto per renderlo ancora più vulnerabile. Da fonti Ispra, si può attingere qualche dato. La percentuale dei Comuni italiani a rischio è arrivata al 91% nel 2017 aumentando ancora rispetto agli anni precedenti (88% nel 2015) e oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in queste aree ad alto pericolo. Aumenta anche la superficie potenzialmente soggetta a frane (+2,9% rispetto al 2015) e quella potenzialmente inondabile nello scenario medio (+4%). Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50mila km²).

Quasi il 4% degli edifici italiani (oltre 550mila) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9% (oltre un milione) in zone alluvionabili nello scenario medio. Secondo l'Istat (dati 2018) ci sono 20 case abusive ogni 100 in Italia e nel Mezzogiorno le case abusive sono quasi il 50%. Per quest' ultimo dato, non giovano certo le recenti proposte di condono, seppure localizzate. I condoni sono uno dei mali dell'Italia, alla quale serve una pianificazione territoriale responsabile e un recupero del paesaggio perduto da anni di costruzioni anarchiche, spesso a rischio. Non solo. Quello a cui abbiamo assistito negli ultimi eventi conferma che dove gli ambienti naturali sono stati trasformati e impoveriti, gli impatti sono stati più violenti. Prendiamo i corsi d'acqua. In una situazione normale, le piene, anche quelle improvvise, se hanno margini di sfogo oltre gli argini, non fanno danni. Depotenziano la propria forza, nello spazio. È del tutto evidente che se si costruisce in quella via di fuga, l'acqua si porta via tutto. Case, ponti, strade.

Colpa del maltempo? O colpa di chi ha costruito e ha autorizzato a farlo ? Prendiamo la vegetazione. Si parla di governare i boschi. In realtà solo i boschi naturali assolvono in pieno alla loro funzione. Gli altri sono stati modificati dall'uomo. Per non parlare dei rimboschimenti, fatti con piani e specie fuori luogo. Quelli possono avere o dare problemi. Ecco perché la quiete, preoccupa. In attesa della nuova tempesta.

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