La Nuova Sardegna

Si fingeva dodicenne per adescare minorenni

di Nadia Cossu
Si fingeva dodicenne per adescare minorenni

Indagato 43enne residente a Sassari: su Skype aveva il viso di una ragazzina

21 novembre 2018
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SASSARI. Uno studente universitario di lungo corso che evidentemente tardava a conseguire la laurea perché leggere i corposi volumi di letteratura, economia o forse diritto non era esattamente la sua priorità. Quella stanza da studente fuori sede, in un appartamento al centro di Sassari, era diventata una sorta di microcosmo virtuale. Qui, un 43enne originario di un paese della provincia ma residente stabilmente in città da tempo, si era costruito la sua seconda vita. E se per la famiglia era solo un figlio, un fratello o un nipote in ritardo con gli studi e avanti con l’età, per chi lo osservava attraverso lo schermo del pc aveva le sembianze di una ragazzina dodicenne disinibita. Attraverso un sofisticato programma informatico era infatti riuscito a camuffare la sua immagine e a interagire con ignare coetanee chiedendo loro, in alcuni casi, anche di spogliarsi.

Alcuni giorni fa gli uomini della polizia postale di Catania, su ordine della Procura della Repubblica di Caltanissetta, sono piombati all’improvviso nel suo appartamento e gli hanno sequestrato smartphone, tablet, pc, pen drive e hard disk. E ora il 43enne è indagato per reati pesantissimi e per i quali sono previste pene molto severe: pornografia minorile, detenzione di materiale pornografico, adescamento di minorenni, minaccia, accesso abusivo a un sistema informatico e telematico e sostituzione di persona.

Il blitz della polizia postale è scattato alle 7 del mattino. Lo studente, incensurato, è rimasto in silenzio davanti a quegli uomini in divisa che gli chiedevano di consegnare tutti gli strumenti informatici di cui era in possesso e il telefonino. Ha obbedito e poi ha chiamato il suo l’avvocato, Antonio Secci.

L’inchiesta è partita dalla Procura di Caltanissetta dove i genitori di una dodicenne avevano presentato una denuncia dopo essersi accorti che qualcosa non andava nel comportamento della loro figlia. L’indagine del sostituto procuratore Chiara Benfante, titolare del fascicolo, a un certo punto è approdata in Sardegna, a Sassari. Nell’abitazione dello studente la polizia è arrivata con un lungo decreto di perquisizione e con lo stesso documento si è spostata a casa dei familiari, in paese, per proseguire e ultimare l’attività di accertamento.

Secondo la Procura del capoluogo siciliano il 43enne sassarese sarebbe riuscito ad adescare alcune ragazzine su Skype, attraverso un modus operandi affinato nel tempo che gli aveva permesso di agganciare diverse vittime. Il metodo utilizzato è un sistema che a quanto pare è diffuso nel mondo dei detentori o divulgatori di immagini pedopornografiche.

Si tratta di un programma informatico che, nel momento in cui l’adescatore scrive i messaggi alle sue vittime, trasmette un volto differente, registrato in precedenza utilizzando immagini facilmente reperibili in rete. In questo caso specifico, quindi, le ragazzine erano convinte di rapportarsi con coetanee. In alcuni casi, stando sempre alle indagini, sarebbe stato chiesto loro di spogliarsi e mostrarsi nude davanti alla web cam. E avrebbero accettato di farlo, un po’ per gioco, un po’ per incoscienza, o più semplicemente perché a quell’età il pericolo ha una dimensione differente e il web rappresenta un mondo virtuale dove conoscersi e divertirsi, quindi ai loro occhi scevro da rischi di questo tipo.

Finché la mamma di una delle vittime ha per fortuna capito cosa stava succedendo. La figlia si era confidata con qualcuno che a sua volta aveva riferito ai genitori quello sfogo e il padre e la madre della ragazzina avevano cominciato a osservare il suo comportamento e avevano scoperto tutto. La Procura della Repubblica e la polizia postale hanno fatto il resto.

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