La Nuova Sardegna

Dacia Maraini: «I maschi ci temono perciò sono violenti»

di Costantino Cossu
Dacia Maraini: «I maschi ci temono perciò sono violenti»

La scrittrice e la Giornata contro la violenza sulle donne «Insegniamo nelle scuole i valori del rispetto e del dialogo»

26 novembre 2018
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SASSARI. Ieri si è celebrata la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. In Italia le cifre di quest’anno disegnano un quadro agghiacciante: dal 1° gennaio al 31 ottobre 2018 i femminicidi sono saliti al 37,6 per cento del totale degli omicidi commessi in Italia. Sono 106 le donne uccise in ragione del loro essere tali nei primi 10 mesi di quest’anno: una ogni 72 ore.

Ne abbiamo discusso con Dacia Maraini, scrittrice che ha una lunga storia di militanza femminista. L’abbiamo raggiunta in Messico, dove domani, alla Fiera del libro di Guadalajara, terrà una lectio magistralis che concluderà una settimana di incontri tutta dedicata a lei. Tema della lectio sarà il nuovo libro della Maraini, “Corpo felice. Storie di donne e rivoluzioni”, appena uscito per Rizzoli. Un romanzo in cui, a più di quarant’anni dai versi della raccolta “Donne mie”, che hanno disegnato i contorni di un cambiamento possibile – “Libere infine di essere noi / intere, forti, sicure, donne senza paura” – Dacia Maraini torna con una storia al femminile. Una donna che come altre dei romanzi della scrittrice – Marianna, Colomba, Isolina, Teresa – cerca una propria via per la felicità. Una donna e un bambino mai nato (morto a sette mesi nel ventre materno) restituito alla vita dalla scrittura, dalle parole che compongono l’ordito di un’esistenza solo immaginata. Un bambino che cresce, confrontandosi con il mondo anche attraverso un rapporto conflittuale con la madre. E che diventa adulto solo quando l’amore arriva ad aprire una strada di confronto e di dialogo, non solo tra i generi ma per tutti gli esseri umani. Una strada di confronto e di dialogo che negli ultimi tempi sembra sia diventata sempre più impraticabile.

Le cifre sui femminicidi sono terribili. Che fare?

«Prima di tutto parlarne. Costruire una consapevolezza sociale. Poi lavorare sulle scuole per insegnare il rispetto dall'altro. Insegnare che non si può mai, per nessuna ragione, possedere una persona. Che la proprietà di un essere umano è schiavitù. Tenersi vicini e pretendere che i valori dei diritti umani vengano rispettati sia sul lavoro sia in famiglia».

Il corpo delle donne. Tema non neutro politicamente, che rimanda a quanto ancora sia incompiuta la rivoluzione femminista… Il movimento “me too” è un passo avanti? Che cosa resta ancora da fare?

«Me too è certamente un passo avanti, ma non risolve le tante ingiustizie e le discriminazioni che ancora esistono. Paradossalmente: più aumenta la forza delle donne e la loro autonomia, più si fa grande ed estesa la paura di chi vorrebbe dominarle e controllarle. Da qui l’aumento della violenza».

“Corpo felice” racconta di un figlio perduto, un figlio mai nato. Una vita che si spegne a sette mesi, già mossa alla felicità dal desiderio. Un grande teologo, Katl Barth, ha scritto che “peccato” non è trasgressione della legge divina ma mancanza di compimento della vita in tutta la sua pienezza…

«Sono d’accordo sul concetto di peccato come mancanza di compimento, ma solo quando c’è responsabilità. La morte non dipende da noi e quindi la mancanza di compimento appartiene al caso, che è sempre crudele e privo di scopo».

Una madre e un figlio perduto che rivive grazie alla scrittura. Un figlio che cresce e si ribella alla madre. Poi ritorna. Ritorna quando si innamora di una donna. L’amore spinge alla comprensione, al dialogo?

«Sì, per me solo l’amore ha il potere di spingere alla conoscenza e quindi al rispetto dell'altro». Questo richiamo all’amore – all’amore che è conoscenza e che apre agli altri – contrasta in maniera netta con il clima diffuso di odio dei nostri giorni…

«L’odio che spira come un vento di guerra di questi tempi. L'odio esiste in natura, ma di solito viene controllato dalla cultura, che insegna a sublimare, dalla religione, dall’educazione. Oggi sembra che questi grandi strumenti di armonia sociale abbiano perso l'equilibrio. E il dialogo cede al rancore e all’odio».



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