La Nuova Sardegna

Il pm: «Il Prc spendeva senza alcun rendiconto»

di Mauro Lissia
Il pm: «Il Prc spendeva senza alcun rendiconto»

Un milione e 289mila euro finiti sul conto del gruppo comunista spariti nel nulla La relazione degli investigatori: «Difficile ricostruire le uscite senza documenti»

28 novembre 2018
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CAGLIARI. Nel corso della tredicesima legislatura regionale il gruppo di Rifondazione comunista ha incassato un milione e 289 mila euro e ha speso l’intera somma senza rendicontare neppure un centesimo. Il dato è riportato nella memoria elaborata dagli ufficiali di polizia giudiziaria Mariano Natale e Luca Erriu e consegnata ieri mattina dal pm Marco Cocco al tribunale presieduto da Giovanni Massidda e agli avvocati che difendono le posizioni di sei ex onorevoli regionali che appartenevano al gruppo comunista, tutti imputati di peculato continuato per aver speso i fondi destinati all’attività del gruppo senza produrre alcuna giustificazione. I due investigatori dovevano essere sentiti in aula per ricostruire il cammino delle indagini condotte a suo tempo negli uffici del Consiglio regionale e nelle banche utilizzate come cassa dai consiglieri. Ma già alla scorsa udienza davanti alla seconda sezione del tribunale i legali avevano accettato di abbreviare i tempi del dibattimento saltando l’esame dei due ufficiali da parte dell’accusa. Nessun limite per il diritto della difesa: dopo aver preso atto del materiale d’indagine gli avvocati potranno controinterrogare i testimoni a partire dalla prossima udienza, fissata per il 13 dicembre.

A rispondere all’accusa di peculato continuato sono l’ex senatore Luciano Uras (64 anni) di Cagliari, a suo tempo eletto della lista di Sel e successivamente transitato ad altri gruppi politici. Con lui sono imputati gli ex consiglieri regionali Ciriaco Davoli (69 anni) di Orune, Giuseppe Fadda (74) di Serramanna, Paola Lanzi (42) di Samassi, Paolo Antonio Licheri (54) di Banari e Ignazio Paolo Pisu (72) di Laconi. Difesi dagli avvocati Paolo Sestu, Gianluca Grosso, Antonella Piredda, Pina Zappetto e Luigi Concas, i sei ex onorevoli della sinistra sarda hanno posizioni diverse e dovranno far fronte a contestazioni diverse. Davoli, che è stato a lungo il tesoriere del gruppo, è chiamato a spiegare come è stato speso il milione e 55 mila euro transitato sui conti correnti del Banco di Sardegna e della Banca di Sassari intestati a se stesso, Uras di una cifra pari a 74630 euro, Fadda di 21.714 euro, Paola Lanzi di 5.168 euro, Licheri di 32.878 e Pisu 38.966.

Nella memoria prodotta dal pubblico ministero si trova la base delle contestazioni di peculato di cui gli imputati devono rispondere e sulle quali finora nessuno fra gli ex consiglieri di Rifondazione ha accettato di essere interrogato. Il meccanismo di distribuzione dei fondi era sostanzialmente lo stesso degli altri gruppi: i soldi uscivano dal conto del consiglio regionale e venivano accreditati allo sportello numero 4 della Banca di Sassari, quello interno al palazzo di via Roma. Quando il gruppo di divide, il presidente Uras dispone l’apertura di un nuovo conto dove canalizzare le entrate. La polizia giudiziaria ha acquisito i tabulati di tutti i movimenti: risultano prelievi allo sportello e assegni firmati, le cifre incassate sono quelle riportate nel capo d’imputazione e finora mai giustificate. Secondo la relazione della polizia giudiziaria 263 mila euro sono finiti nelle tasche dei consiglieri, una parte dei soldi è stata spesa per pagare gli stipendi ai dipendenti del gruppo, 65 mila euro sono stati destinati con tre assegni bancari alla funzionaria Ornella Piredda - che era stata dipendente del gruppo - per una transazione all’interno di una controversia di lavoro. Di quanto resta, sottratte queste uscite documentate, non si sa nulla. Scrivo i due investigatori: «Resta difficoltoso ricostruire l’utilizzo della maggior somma erogata dalla Presidenza del consiglio regionale per l’intera legislatura e quantificata in un milione e 25 mila euro, somma della quale si ritiene deva dare contezza il tesoriere Ciriaco Davoli». Davoli però, chiamato all’interrogatorio nelle vesti di indagato il 6 giugno 2014 si limitò - così è scritto nella memoria consegnata ieri mattina al tribunale e ai difensori - a rendere dichiarazioni spontanee. Quindi non spiegò come il gruppo di Rifondazione comunista spese oltre un milione di euro che doveva servire alle attività politico-istituzionali ma che prese - così sostiene la Procura - strade diverse e comunque non in linea con la legge che regola l’uso di denaro pubblico da parte di pubblici ufficiali.

Il 13 dicembre il dibattimento andrà avanti con l’esame degli investigatori da parte della difesa sui dati contenuti nella memoria, quindi saranno sentiti altri testimoni. Impossibile prevedere se gli imputati decideranno di sottoporsi all’esame nel dibattimento pubblico.

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