La Nuova Sardegna

Truffa con l’energia, indagine chiusa

Truffa con l’energia, indagine chiusa

Sei indagati, due aziende agricole del Sulcis incassavano illegalmente incentivi

04 dicembre 2018
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CAGLIARI. Nessuna produzione agricola significativa, soltanto energia elettrica di origine fotovoltaica da vendere agli operatori nazionali realizzando profitti elevatissimi. Le aziende agricole sono due, una a Santadi e l'altra a San Giovanni Suergiu: dovevano produrre aloe, un prodotto quotatissimo sul mercato, e alcune qualità di ortaggi. Ma la realtà, stando alle accuse, è un'altra: il business delle società Enervitabio uno e due era legato solo all'energia elettrica. Grazie a quella, le due società avrebbero incassato qualcosa come 16 milioni di euro in incentivi statali, mettendo a segno quella che il pm Daniele Caria e il gip Giuseppe Pintori qualificano come una truffa aggravata di notevoli proporzioni. L’inchiesta giudiziaria è chiusa, ai sei indagati è stato notificato l’avviso ed ora avranno venti giorni di tempo per produrre atti e memorie difensive oppure per chiedere l’esame. I nomi sono quelli emersi mesi fa, quando la Procura ha chiesto e ottenuto il sequestro degli impianti: gli imprenditori Valerio Veltroni (69 anni) di Roma, fratello dell'ex segretario Pd e ministro Walter Veltroni e Paolo Magnani (61) di Ravenna, difesi da Guido Manca Bitti e Nicola Floris. Con loro devono rispondere di concorso in truffa e lottizzazione abusiva i quattro professionisti sardi Efisio Muntoni (58) di Villacidro, Giovanbattista Masia (52) di San Giovanni Suergiu, Paolo Franco Balia (64) di Sant'Antioco e Roberto Bachis (54) di Carbonia. A loro sono arrivati dopo un’indagine lunga e complessa gli uomini del Nucleo investigativo del Corpo Forestale al comando del commissario Ugo Calledda e la Guardia di Finanza, che lo scorso 23 maggio hanno messo sotto sequestro su ordine del giudice Pintori i due parchi fotovoltaici al centro dell'inchiesta giudiziaria, fabbricati e terreni per circa 18 ettari nel Sulcis e in Emilia Romagna, 280 fra conti correnti bancari, cassette di sicurezza e quote societarie per un valore equivalente all'ammontare della presunta truffa. Il meccanismo, stando alle accuse, è semplice: si mette in piedi un'azienda agricola appoggiata a un impianto a energia rinnovabile. La legge stabilisce che gli incentivi milionari alla produzione di energia pulita scattino a condizione che il 51% del prodotto sia agricolo. Nel caso delle due società di Santadi e San Giovanni Suergiu, titolari delle aziende di Montixeddu e di Marcu Pinna, l'aloe e gli ortaggi coltivati per la vendita - pomodorini Camona, asparagi, insalata belga e rucola - non avrebbero superato il 10% della produzione complessiva. Dunque il vero affare non era l'aloe ma gli incentivi che lo Stato assegnava all'Enervitabio attraverso il Gse (Gestore servizi energetici), milioni di euro destinati a favorire la produzione di energia da fonti rinnovabili a sostegno dell’agricoltura. (m.l)

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