La Nuova Sardegna

La rinascita del superjudoka, dalle dipendenza dalle slot al titolo mondiale

di Manolo Cattari
La rinascita del superjudoka, dalle dipendenza dalle slot al titolo mondiale

Olbia, un 31enne ha sconfitto i demoni del gioco d’azzardo grazie allo sport. Ha vinto i campionati iridati di categoria mentre si disintossicava al Serd

10 dicembre 2018
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OLBIA. «È come stare avvolti all’interno di una macchinetta. I problemi, i conflitti non risolti non entrano e così puoi passare 2, 4, 6 anche 10 ore del giorno seduto davanti ad uno schermo a schiacciare lo stesso tasto nell’illusione che quella sia la realtà».

Francesco Degortes è di Olbia e ha 31 anni. È un judoka, il più forte del mondo per la categoria veterans. Seguendo le orme del padre è salito per la prima volta sul tatami a 5 anni e, se si escludono gli anni bui del gioco d’azzardo, non ne uscirà più: «Perché tanti anni di judo? Per le emozioni che mi fa vivere. Quando lo indosso, vivo il judogi (il vestito bianco, o blu, del judoka) come una corazza e una difesa. Mi fa sentire sicuro. Con il judogi addosso io esisto». Quella di Francesco è una storia di resilienza e di vita che racconta una persona che ha saputo riorganizzare positivamente la propria esistenza nonostante le tante difficoltà incontrate nel corso di cammino tortuoso. Gli anni bui di Francesco sono quelli in cui non gli capitava di affrontare un avversario in carne e ossa. L’avversario era molto più temibile perché si trattava dei suoi demoni, difficili da afferrare e proiettare sul tatami come invece può fare quando la competizione non si stacca dal livello sportivo. Nella lista delle difficoltà affrontate dal judoka olbiese c’è il gioco d’azzardo, un matrimonio complesso, i fantasmi del passato e forse tanti conflitti mai affrontati realmente. Un elenco di cose che sommate l’una con l’altra diventano un mare di problemi in cui naufragare, senza mai sentire di avere il controllo della situazione.

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Il demone del gioco. C’è un periodo della vita di Francesco in cui il video poker diventa un inganno. O, meglio, un autoinganno. Il ragazzo si illude di avere il controllo sulla sorte; pensa che sia sufficiente investire uno per poter vincere mille e che quando si perde si può sempre recuperare. Convinzioni che lo portano a stare ore davanti alla macchinetta. Le bugie diventano la realtà quotidiana, prima si illude e poi si autoconvince delle scuse che racconta quando racconta dove si trova e che cosa sta facendo. Perché “le bugie coprivano la vergogna e la paura di avere un punto debole”.

La rinascita. Per dirla con le sue parole, ci voleva una botta per uscirne: «Nel mio caso la botta è arrivata un giorno in cui non stavo giocando. Ero entrato nella sala giochi per spedire un fax ma mia moglie mi ha visto lì dentro e ha pensato si trattasse dell’ennesima bugia. Mi ha buttato fuori casa. Non so il perché, ma in quel momento ho realizzato di avere un problema». Era il 2015, per l’ennesima volta messo al tappeto dalla vita, ha chiesto aiuto a Fabrizio, Daniele e ai suoi amici e compagni di squadra. Con loro Francesco è arrivato al Serd dove ha inizia un percorso di cura fatto di colloqui individuali e di gruppo. Piano piano il mare in tempesta della vita di Francesco emergono i problemi specifici e, in quanto tali, ordinabili per priorità: «Da enorme il vizio del gioco diventa piccolo. Una volta che ne sei consapevole, alzi la mano e chiedi aiuto. Alla fine sono i problemi economici. Magari grandi, ma economici».

La salvezza nello sport. Per spiegare il significato della parola “judo” si usa spesso la metafora del salice che, a differenza della forte quercia, flette i suoi rami sotto il peso della neve per evitare che possano spezzarsi. La cedevolezza è quindi solo l’utilizzo intelligente della forza e del movimento dell’altro. È con questo spirito che, in parallelo al percorso del SerD, rientra nella vita di Francesco la figura del suo maestro storico, Efisio. Che non lo giudica e come sempre lo aspetta all’angolo del tatami. Poco importa quale sia la sfida che si sta affrontando: un allenamento, la finale mondiale o la dipendenza da una macchinetta. La guida in questo caso non mortifica e non esalta. Accompagna. Così al rientro in palestra dopo gli anni bui le parole del maestro sono quelle che servono: “Beh, ora ci dobbiamo risollevare!».

Ma i vocaboli non riescono a descrivere i contenuti profondi che riempiono la relazione tra maestro e allievo. Dall’esterno sembra poco o nulla, dall’interno è invece tutto ciò che serve. La rinascita di Francesco, sostenuto dalla nuova relazione con Consuelo, passerà attraverso il judo e il rapporto con Efisio. L’impegno si tradurrà nel riprendere gli allenamenti, nel riaffermare degli obiettivi da raggiungere e nel ritornare a combattere. Nel 2017 a Olbia, Francesco diventa campione del mondo veterans. Due mesi fa, in Messico contro il brasiliano Felipe Queiroz, Francesco si conferma campione del mondo dopo un incontro di appena 24 secondi vinto dopo aver addormentato lo sfidante per strangolamento. «Andando alle premiazioni ero felicissimo e ho deciso di stuzzicare Efisio dicendogli: «Maé, l’ho strangolato veloce?». Lui era seduto, con gli occhi lucidi e mi ha risposto:«Va bene, ma dobbiamo migliorare sulla velocità e stare subito addosso». A casa di Francesco le medaglie mondiali sono sistemate accanto al certificato di dimissioni del SerD.
Due vittorie da campione.

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