La Nuova Sardegna

Cualbu: il latte va pagato almeno 77 centesimi al litro

di Antonello Palmas
Cualbu: il latte va pagato almeno 77 centesimi al litro

Coldiretti: «Lo propongono le organizzazioni per evitare le speculazioni. Vediamo chi ci sta»

13 dicembre 2018
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SASSARI. O con noi o contro gli allevatori, anello debole della filiera lattiero-casearia. Ovvero, chi non accetterà di mantenere il prezzo del latte ovino al produttore sopra i 77 centesimi di euro al litro lo dica subito e si assuma gli oneri della scelta. È più o meno questo il senso della proposta di una rappresentanza del mondo produttivo del latte che verrà ufficializzata in una riunione organizzata per sabato prossimo a Banari da Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri, Aspi e Oproc. Vi prenderanno parte tutti gli attori principali del comparto.Un passaggio fondamentale che fa il paio con l’approvazione nei giorni scorsi da parte del ministro delle politiche agricole Centinaio del decreto che riconosce Oilos, l’Organismo interprofessionale del latte ovino.

Battista Cualbu, quali i benefici dal riconoscimento?

«Siamo stati tra i promotori dell’Organismo – spiega il presidente di Coldiretti Sardegna –, Oilos sarà uno strumento utile per governare il latte e non navigare a vista come accade oggi, andando a ingolfare i mercati».

La situazione del settore?

«Nel giro di soli due anni dall’ultima crisi relativa al crollo del prezzo del pecorino romano ci ritroviamo già nella stessa situazione, con le quotazioni di mercato all’ingrosso calate dai 7,70 euro al chilo di gennaio 2018 ai 6 di novembre. Prima certi fenomeni, che sono ciclici, si verificavano ogni 4-5 anni».

A cosa è dovuta questa nuova crisi?

«Principalmente a due fattori. Il primo è un effetto speculativo sul mercato tendente ad abbreviare i cicli di caduta e rialzo dei prezzi al fine di consentire, a pochi, facili ricavi nei momenti di ripresa. Il secondo è dovuto alla sovrapproduzione di 60 mila quintali di pecorino romano oltre i 280 mila stabiliti come tetto produttivo massimo per il 2018 dal consorzio di tutela del pecorino romano».

Di chi è la responsabilità?

«Certo non del mondo allevatoriale, le cui produzioni sono complessivamente rimaste invariate, come testimoniato dalle fatture in possesso dell’assessorato all’agricoltura. È invece da ascriversi esclusivamente alla maggior quantità di latte lavorato a pecorino romano (da 180 a 210 milioni di litri nel 2018, ovvero 30 milioni in più».

Cosa intendono fare le organizzazioni del settore?

«Per dare una svolta – dice Cualbu – è necessario dare fiducia al mercato dimostrando con atti concreti che tutta la filiera sarda sta evolvendo verso una stabilizzazione del prezzo del formaggio. Per questo le nostre organizzazioni propongono all’assessorato all’agricoltura e al mondo della trasformazione cooperativo e industriale di identificare per il 2019 un prezzo minimo del latte ovino da pagare all’allevatore non inferiore a 0,70 euro al litro più Iva (77 globali), da ricontrattare trimestralmente. Riteniamo che sotto quella soglia sia praticamente impossibile, a causa dei costi di produzione, mantenere il gregge e fare utili, che è poi ciò che deve fare un’azienda. Si partirebbe dal 1° gennaio».

L’obiettivo?

«Stabilizzare il mercato attraverso un’azione di governo delle quantità di formaggio e pecorino romano lavorate nel periodo interessato. Situazione che andrà verificata mensilmente nel tavolo ristretto regionale dell’assessorato, in modo da identificare tempestivamente (e non ex post) azioni da attuare su tutta la filiera per limitare o annullare fluttuazioni incontrollate di produzioni e prezzi. Ogni trimestre si potrà anche ricontrattare il prezzo verso l’altose, come speriamo, il mercato dovesse riprendersi. Puntiamo poi a diversificare trasformazione e commercializzazione ».

E nel caso non tutti firmassero o stessero ai patti?

«Chiediamo di adottare regole rigide e condivise su sforamenti, mancate sottoscrizioni o disallineamenti rispetto alla linea della filiera, che si taglino i viveri a chi non sta dentro l’accordo. Nel senso che le banche potrebbero agire attraverso opportune azioni di credito e, se dovessero essere utilizzati denari pubblici per azioni incentivanti al settore da parte della Regione, debbano ricadere sull’anello più debole della catena, i pastori. Sabato vedremo chi sta con noi».

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