La Nuova Sardegna

Patto sul prezzo del latte: l’intesa è dietro l’angolo

di Antonello Palmas
Patto sul prezzo del latte: l’intesa è dietro l’angolo

Passi avanti nella riunione organizzata da Coldiretti con gli attori del settore

16 dicembre 2018
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INVIATO A BANARI. La speranza era quella di raggiungere già ieri un accordo sul prezzo minimo del latte ovino di 77 centesimi da pagare al pastore. Forse gli stessi organizzatori di Coldiretti Sardegna sapevano che era una mission impossible, ma il giudizio che il presidente Battista Cualbu fornisce sulla riunione di ieri a Banari è positivo: «È un buon inizio». Diverse cooperative di trasformazione hanno però firmato un patto d’onore, o di responsabilità, che le impegna già a non sforare le quote sul pecorino romano. Così ora potrebbe essere più semplice spingere tutti gli attori a firmare la proposta di non scendere sotto un prezzo minimo adeguato a tutelare in particolare i pastori, scaturita dalla collaborazione con le altre organizzazioni agricole e Oilos.

Decisione rinviata. La prossima riunione, convocata probabilmente prima di Natale, potrebbe essere quella decisiva. Da scardinare le perplessità degli industriali, che rispetto agli incontri precedenti hanno fatto invece mostrato un improvviso irrigidimento delle posizioni sul patto che prevede un prezzo di acconto per i primi tre mesi del 2019 di 77 centesimi, prezzo da ricontrattare ogni 3 mesi, quando il tavolo di filiera dell’assessorato all’agricoltura verifica le quantità di latte e formaggi prodotti, in modo da intervenire in tempo reale per correggere eventuali storture.

Persi 100 milioni. Affollata la sala polivalente messa a disposizione dal Comune: rappresentanti di istituzioni, banche, associazioni, coop e un centinaio di pastori (diversi gli interventi, con critiche e prosposte, molto applauditi) di tutta l’isola, per l’incontro moderato dal giornalista Pasquale Porcu. Tutti hanno concordato sul fatto che occorre stabilizzare e programmare le quantità di latte da trasformare in Pecorino romano, formaggio da cui dipende il prezzo del latte. «In un anno – ha sottolineato il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba commentando i dati diffusi dal rapporto Istat-Qualivita – dal 2016 al 2017 il Pecorino romano ha perso 100 milioni di euro, passando da 251 a 155 milioni (-38%), l’unico prodotto a denominazione di origine tra i primi 15 italiani a registrare una perdita cosi consistente».

La folle corsa al romano. «Ci sono oscillazioni di prezzo troppo grandi e sempre più repentine. Per questo occorre programmare e occorre farlo cominciando dai dati, conoscendo anche quelli degli altri pecorini, non solo del romano: che tipi di formaggi si producono, a quanto sono venduti. Servono regole certe. Per questo è fondamentale che tutti si assumano le proprie responsabilità e lo facciano palesemente». Accade infatti che nessuno, o quasi, abbia rispettato le quote di trasformazione del romano. Quando il prezzo tira c’è la corsa alla sua produzione, anche perché è più semplice da trasformare e da conservare. Per Battista Cualbu, «chi non sottoscrive questi impegni o non li rispetta lo deve fare alla luce del sole sapendo che sta arrecando dei danni a se stesso e a tutto il comparto».

Il nemico è in casa. Parole condivise dal direttore del Banco di Sardegna Giuseppe Cuccurese. che assicura: «Ogni anno sono destinati al settore agricolo dalla banca 500 milioni di euro. Ma questi non sono andati e non vanno a chi non rispetta le regole. I diversi strumenti che abbiamo messo in campo per il settore non sono destinati alle eccedenze di romano», precisando che il pegno rotativo è stata una misura creata per dare stabilità ma non se ne può abusare, anche perché scattano procedure Ue contro le aziende insolventi. E ricorda che «il nemico vero è in casa: non è possibile che la regione leader nel settore si faccia dettare legge dagli speculatori». Il presidente del Consorzio del Pecorino romano, Salvatore Palitta , sottoscrive «la necessità di un patto etico, come è successo con il Grana Padano, perché il romano è un prodotto dalle grandi potenzialità, ma la volatilità del mercato scoraggia l’acquirente estero». E il massimo impegno ha promesso anche Tore Pala, presidente di Oilos, l’organismo appena riconosciuto dal ministero che potrebbe giocare un ruolo importante.

Stabilità. È la parola d’ordine rilanciata dall’assessore dell’agricoltura, Pier Luigi Caria: «Nei numerosi tavoli di incontro in questi mesi abbiamo ricordato, con dati ufficiali alla mano, che non esiste una sovrapproduzione di latte, ma che è invece necessario intervenire con una programmazione delle trasformazioni capace di assicurare equilibrio al settore, dove a pagare le fluttuazioni sono sempre i pastori. La proposta è quella di fissare una forbice del prezzo del latte, per almeno i prossimi 3 o 5 anni, sulla media di quanto è stato pagato ai pastori negli ultimi 5 anni: un dato che dovrebbe quindi muoversi fra gli 80 e gli 85 centesimi di euro a litro. A questo è inoltre necessario affiancare un premio che valorizzi la qualità, attraverso la costituzione di apposite griglie produttive, dove chi investe per il raggiungimento di un latte di eccellenza riesca ad avere ricavi maggiori».

Nuovo incontro. «Entro la fine dell’anno – ha aggiunto l’assessore – fisseremo un nuovo incontro ristretto, con i principali rappresentanti della filiera, nel corso del quale si arrivi alla definizione di una proposta condivisa da tutti gli attori. Un accordo in cui la politica sosterrà i soggetti che prenderanno gli impegni con l’obiettivo finale di assicurare stabilità per tutti e in particolare tutelando i pastori. O si interviene in questi termini – ha concluso Caria – o tutti gli strumenti messi in campo dalla Regione, uno per tutti il pegno rotativo, si riveleranno non sufficienti a governare un mercato dove o si impongono delle regole o si rischia di perdere tutto nel giro di qualche decennio».

Costretti a svendere. «È il mercato la realtà, noi non giochiamo a nasconderci»: mette le mani avanti Giommaria Pinna, della Fratelli Pinna di Thiesi, in rappresentanza degli industriali. « Il crollo del prezzo del romano ci ha costretto a vendere sotto costo rispetto alla cifra pagata ai pastori. È un prezzo come quello ipotizzato, 77 centesimi, non è proponibile». La ricetta potrebbe essere la diversificazione, «ad esempio il pecorino sardo avrebbe potenzialità enormi che però non sono sfruttate e occupa una quota di mercato bassa». Secondo Pinna il problema è legato all’eccessivo frazionamento del mondo dei trasformatori del lattiero-caseario, fatto che rende incontrollabile il mercato. E propone «una legge che li obblighi a fornire i dati per vedere chi trasgredisce con le sovrapproduzioni». Fino all’ultimo gli organizzatori di Coldiretti gli hanno chiesto di firmare il patto d’onore, ma inutilmente. Per ora?

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