La Nuova Sardegna

L’isola vista dai non sardi: più aperti e più coraggiosi

di Kety Sanna
 L’isola vista dai non sardi: più aperti e più coraggiosi

Fonni, confronto con Giuseppe Cuccurese (Banco di Sardegna) e Antonio Di Rosa (Nuova Sardegna). L’auspicio: serve meno autoreferenzialità e un maggiore gioco di squadra

18 dicembre 2018
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INVIATO A FONNI. Cultura, cambiamento, apertura verso l’esterno, accordi di filiera con il territorio. Di questo si è parlato ieri nel corso dell’incontro-dibattito “I sardi e la Sardegna visti da due non sardi che lavorano in Sardegna” organizzato dalla Coldiretti a Fonni nell’agriturismo Donnortei, che ha visto la partecipazione del direttore della Nuova Sardegna Antonio Di Rosa e del direttore generale del Banco Di Sardegna Giuseppe Cuccurese. Un momento rivolto ai segretari di zona e ai quadri dell’associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura chiamati a fare il punto sull’organizzazione. «Sono stati cinque anni difficili – ha detto in apertura il direttore regionale Luca Saba – nel corso dei quali il dialogo con la Regione non è stato sempre facile. In questo arco di tempo abbiamo cercato di creare cultura d’impresa valorizzando i prodotti locali e mirando alla conquista dei mercati, invogliando i nostri iscritti a non dipendere dai premi comunitari. Abbiamo prospettato un modello di fare rete, un progetto di reciprocità che ha messo in piedi le 27 aziende più grandi dell’isola. Un cambiamento che però avviene lentamente – ha aggiunto Saba – forse proprio a causa della paura del nuovo». È stato proprio attraverso gli occhi di due non sardi che vivono questa terra che la Coldiretti ha cercato di analizzare e capire quelle dinamiche che da sempre hanno tenuto a freno la spinta dei locali verso l’esterno nonostante ora, stiano riuscendo a fare i primi passi.

«Da quando sono arrivato in Sardegna – ha detto il direttore generale del Banco di Sardegna – non è cambiato tanto. Il più grande difetto che oggi esiste nei manager e nell’imprenditoria è quello dell’autoreferenzialità. Quando uno è autoreferenziale e si circonda di persone che la pensano allo stesso modo si chiude un cerchio, si crea la corte del Re Sole e poi non sai cosa succede intorno. Avendo vissuto 30 anni della mia vita in giro per il mondo e adeguato il mio comportamento in base alle varie usanze dei paesi, in particolare in quelli anglosassoni dove c’è un’apertura relazionale incentrata sul dialogo che consente di formarti, posso dire che una volta giunto qui ho continuato a comportarmi come facevo nei vari posti in cui sono stato in precedenza. In Sardegna ho trovato una storia passata di grossissima autoreferenzialità: ho notato che spesso quando c’era bisogno di un appuntamento arrivava sempre la telefonata del politico o del potente di per fissare incontri che interessavano altri. È qualcosa che occorre cambiare. Un non sardo questi aspetti li vive male. Per me è più facile incontrare le persone che parlano direttamente. L’altro aspetto che un po’ è cambiato rispetto a prima – ha aggiunto il direttore generale del Banco di Sardegna – è legato alla curiosità di capire. È ciò che stiamo sperimentando al tavolo del latte: io mi siedo con voi a parlare di prezzi solo dopo essermi documentato. Solo così si può dare un valore aggiunto alle cose. Inoltre – ha proseguito – fare sistema è semplice, basta pensare a due aspetti: ognuno si deve occupare di ciò che deve fare senza pensare agli altri e inoltre deve immaginare che c’è una casa comune sopra la casa singola che deve essere in salute se si vuole che anche l’altra stia bene».

Aprirsi alla gente e fare squadra sono state le parole d’ordine del direttore della Nuova Sardegna: «Conoscere le persone è fondamentale – ha detto Di Rosa – Non è certo la carica che rende un uomo autorevole. Per noi, per esempio, sono i lettori che decidono la sfortuna o la fortuna del giornale. È importante ricordare che solo se si fa squadra si riesce a raggiungere punti importanti». Ma ciò che è emerso durante l’incontro è che per fare rete di impresa è necessario che i giovani superino quel problema culturale che ha limitato le generazioni precedenti. L’internazionalizzazione va di moda e per cercare nuovi mercati è chiaro che occorre andare fuori. La svolta potrà arrivare solo dalle nuove generazioni. «Bisogna iniziare a credere che le cose si possono fare – ha aggiunto Di Rosa – frase non comune a questa terra dove la resistenza al cambiamento è enorme. Se però non si prova nessuno potrà mai farcela. Ecco perché credo che la Regione tra i tanti assessorati che fa dovrebbe crearne uno per assistere le imprese che investono nei mercati esteri. Occorre formazione e cultura per riuscire a provare a conquistare i mercati esteri».

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