La Nuova Sardegna

Sanità nella bufera, concorso per infermieri: ai favoriti le domande un mese prima

Enrico Carta
Sanità nella bufera, concorso per infermieri: ai favoriti le domande un mese prima

L’accusa: «Avevano ricevuto i 150 test selezionati sui 1546 possibili»

07 ottobre 2019
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ORISTANO. Al San Martino «Nulla si muove senza il benestare di Succu». Il dialogo, poi ripetuto da una testimone davanti al pubblico ministero Armando Mammone e agli agenti del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, è uno dei tanti, tutti molto simili, che si facevano tra i corridoi dell’ospedale oristanese nei mesi che precedevano i concorsi e in cui la longa manus del primario di Ginecologia evidentemente si faceva sentire. Potrebbero essere calunnie e allora gli inquirenti vanno alla ricerca delle prove.

Il concorso per infermieri. Se per il concorso con cui vennero assunte sei ostetriche si trasmisero i file coi test attraverso computer e pennine, in modo che le candidate da assumere non sbagliassero un colpo, al concorso per l’assunzione di trenta infermieri la procedura fu in parte diversa. Scelta la commissione, naturalmente composta da gente fidata, col cuore e soprattutto tessera e ruoli nel Partito dei Sardi come Gianni Piras e Salvatore Manai, il resto andava organizzato. Il primo problema è di facile soluzione. Salvatore Manai in commissione non ci potrebbe stare perché è segretario provinciale del PdS e la legge dice che chi ricopre incarichi nei partiti non può farne parte. La carta giusta da giocare è in casa. La disponibilità di Andrea Dore, vice sindaco di Flussio, a sostituirlo temporaneamente nel partito è immediata e così Salvatore Manai riprenderà la guida del PdS in provincia una volta terminato il suo lavoro nella commissione che doveva esaminare gli aspiranti infermieri.

Il primo scoglio. C’è però un primo scoglio che nemmeno viene aggirato. Si decide di andarci contro convinti che lo si frantumerà. Il concorso, stando alle leggi, non poteva essere fatto, perché dal 2010 era tutto bloccato. Si decide, per la procura e per il giudice per le indagini preliminari senza motivazioni valide, di riaprire i termini. Così i 900 che attendevano di poter dare il concorso da sei anni, si ritrovano a fianco nuovi candidati e per giunta con requisiti diversi rispetto a quelli previsti nel 2010. Tutto questo, tra l’altro, non fa che complicare ulteriormente il lavoro dentro il San Martino che annaspa per la carenza di personale. La riapertura dei termini per il concorso decisa dalla commissaria dell’Asl Maria Giovanna Porcu che secondo il giudice «fa miracoli di equilibrismo», fa slittare le assunzioni ancora di parecchi mesi, ma nel disegno di chi comanda nella sanità oristanese questo è un passaggio obbligato perché le assunzioni, secondo il castello accusatorio, hanno un unico scopo: costruire il bacino elettorale del PdS sfruttando il ricatto del posto di lavoro.

Maiuscolo e minuscolo. Non si tiene così conto delle precedenti graduatorie da cui attingere, nonostante l’Ats abbia già elenchi pronti – uno tra l’altro è proprio dell’Assl di Oristano –. Quando poi arriva il momento del concorso, fissato per il dicembre del 2016, non si possono correre rischi di vedere i piani stravolti da qualcuno capace di fare meglio dei prescelti. Del resto lo stesso Salvatore Manai, caposala del reparto di Ginecologia guidato prooprio da Antonio Succu, il giorno della prima selezione si lascia andare. Una testimone racconta di aver ascoltato una chiacchierata volante tra l’indagato e un’aspirante infermiera: «Mi raccomando, ci siamo fatti un mazzo così per farvi queste domande. Fatevi valere». Secondo la ricostruzione della procura e sposata dalla giudice Annie Cecile Pinello nell’ordinanza, il riferimento è a tutto il lavoro di preparazione precedente affinché non ci fossero vincitori non allineati al PdS. Per arrivare all’obiettivo si sarebbe seguito un percorso capace di eliminare ogni ostacolo. Alle persone senza padri politici vengono indicate le 1.546 domande tra cui verranno scelte quelle del test, appena cinque giorni prima che questo si svolga. Poco, pochissimo tempo così da fare in modo che i partecipanti senza l’etichetta giusta non siano in grado di prepararsi al meglio. Al contrario, i favoriti, che poi puntualmente saranno promossi, avranno le domande un mese prima. Non solo, ne avranno una versione molto ridotta di 500 proprio per concentrarsi su quel che all’esame verrà loro chiesto. Per evitare fraintendimenti, le domande “giuste” saranno tutte in minuscolo. Coincidenza vuole che il giorno del test, le 150 domande, scelte peraltro senza il sorteggio previsto dalla legge, siano proprio quelle scritte precedentemente in minuscolo.

I primi a finire. Mentre in tanti annaspano col test davanti agli occhi, qualcuno viaggia alla velocità della luce. In un amen ha già concluso il compito. È una testimone a spiegare che erano proprio quelli che, come si vociferava in corsia, sarebbero stati assunti. La stessa testimone, come racconterà alla procura e alle Fiamme gialle, si ritrova un giorno a scambiare due chiacchiere col capo del personale, il ghilarzese Gianni Piras che le sconsiglia di prendere parte al concorso adducendo scuse poco credibili. Qualche giorno più tardi l’infermiera precaria con alle spalle un’esperienza più che decennale nell’ospedale, si presenta nell’ufficio dello stesso Piras in cui c’è anche Salvatore Manai. Spiega a parole tutto il suo disappunto e poi gli sbatte in faccia il foglietto con i nomi dei vincitori del concorso, che però si doveva ancora svolgere. Il foglietto ora è nelle mani della procura.

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